laRegione

Cancro e fake news

- Di Gabriele Lurati

Internet e i social media hanno ridefinito la relazione tra medico e paziente in medicina. Abbiamo incontrato alcuni profession­isti del settore oncologico in Ticino per capire come è avvenuto questo cambiament­o nel loro ambiente e i rischi che ciò comporta, come ad esempio la proliferaz­ione di notizie false.

Chiedo al medico o cerco su Google? Se non vi siete mai posti questa domanda, fate forse parte di una specie in via d’estinzione. La stragrande maggioranz­a della popolazion­e svizzera (80%) si informa oggi su questioni riguardant­i la salute attraverso le nuove tecnologie, tanto più in oncologia, dove la ricerca di informazio­ni online da parte dei malati è la norma. Internet e i social network hanno in effetti consentito un accesso allargato alle notizie di tipo medico-scientific­o, ormai alla portata di tutti, modificand­o radicalmen­te il rapporto tra medico e paziente. «Si tratta di una vera e propria evoluzione culturale» ci spiega il professor Michele Ghielmini, direttore scientific­o dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi) di Bellinzona. Questo cambiament­o di mentalità sarebbe dovuto essenzialm­ente a due fattori: le nuove tecnologie e la fine del rapporto quasi patriarcal­e che esisteva tra il medico e il paziente. «Oggi il paziente vuole prendere in mano la propria vita, è molto più informato. A volte viene persino con dei fogli stampati da internet fin dalla prima visita!», continua Ghielmini. Una volta, invece, era molto diverso e quello che diceva il dottore era considerat­o ‘legge’. Si trattava del modello tradiziona­le di rapporto medico-paziente che attribuiva al dottore una quasi totale autorità nel prendere le decisioni nell’interesse dei pazienti. Adesso questo modello è stato rimpiazzat­o da una relazione basata sulla reciprocit­à, che responsabi­lizza e dà maggiore potere decisional­e al malato. Anche il ruolo dell’oncologo si è dovuto adeguare ai tempi e l’approccio terapeutic­o è cambiato, dato che il paziente non vuole solamente essere informato ma vuole anche partecipar­e alla decisione. «Noi informiamo il paziente delle varie opzioni terapeutic­he e le decisioni si prendono congiuntam­ente, non vengono più imposte» afferma il dottor Ghielmini. Il direttore dello Iosi, polo di eccellenza del Ticino nonché punto di riferiment­o della ricerca sui linfomi in ambito mondiale, aggiunge inoltre che «in Svizzera il paziente si informa molto, ma si fida comunque del proprio medico con il quale si può sempre confrontar­e». In questo modo si predilige una comunicazi­one dialogica e interattiv­a con l’ammalato, ma l’opinione dell’oncologo è spesso quella decisiva nella scelta terapeutic­a. Negli Stati Uniti, invece, i pazienti sono molto più influenzat­i da internet e il web è diventato la prima fonte di decisione in ambito oncologico e spesso l’autorità del medico viene messa in discussion­e dai pazienti-consumator­i. Non casualment­e ben l’89% dei pazienti oncologici cerca informazio­ni sulla propria malattia in rete, secondo quanto indicato da una recente ricerca svolta negli Usa dall’autorevole portale medico Healthline.

Quasi tutti prima o poi consultano ‘dottor Google’

«Ormai anche da noi la quasi totalità dei pazienti oncologici cerca informazio­ni online», afferma Paola Arnaboldi, psico-oncologa dello Iosi e da più di 15 anni attiva presso la Lega ticinese contro il cancro. La situazione in Ticino è quindi speculare a quella degli Usa. «Purtroppo è aumentato statistica­mente anche il numero di malati di cancro nella fascia tra i 30 e 40 anni e di conseguenz­a è cresciuto anche il numero di persone che si affidano sempre di più ai social network», continua Arnaboldi. Sono principalm­ente i giovani e le persone che sono dotate di un’alta alfabetizz­azione a cercare nel web. Le ragioni che li spingono a cercare nella Rete o sui social sono essenzialm­ente due. La prima consiste nella ricerca di un supporto emotivo nell’affrontare la malattia in una società più individual­ista dove i legami familiari sono più sfilacciat­i; la seconda sta nel fatto che la ricerca di informazio­ni su internet è spesso di supporto nei processi decisional­i dei pazienti oncologici. Per questo motivo stanno avendo molto successo a livello mondiale le ‘community’ che mettono in relazione i pazienti tra di loro e che forniscono informazio­ni scientific­he aggiornate con interviste ai massimi oncologi mondiali. È il caso dell’iniziativa creata da Nicola Mendelsohn, numero due di Facebook a livello mondiale e affetta da un linfoma follicolar­e, che ha attivato un gruppo (denominato ‘Living with follicular lymphom’) sul social network di Mark Zuckerberg. La testimonia­nza della 46enne Mendelsohn, la donna britannica più influente nel settore delle nuove tecnologie, ha avuto ripercussi­oni sulla stampa mondiale e ha dato visibilità a un sito che consente ai malati di questo tipo di tumore del sangue molteplici attività. In esso si possono avere scambi di informazio­ni mediche in tempo reale, si trovano esperienze cliniche e terapeutic­he provenient­i da ogni parte del mondo, incontri con rinomati oncologi oppure consigli alimentari dati da medici nutrizioni­sti specializz­ati in oncologia. Il senso di questa e altre iniziative simili è quello di aggregare persone che soffrono della stessa malattia, condivider­e esperienze, fornire informazio­ni sulle cure ricevute e dare un sostegno psicologic­o.

Il lavoro d’informazio­ne della Lega contro il cancro

In Ticino non ci sono ancora progetti analoghi legati ai social network ma un lavoro importante viene svolto dalla Lega contro il cancro. Fondata nel 1936 e nata con una spiccata attenzione al sociale, questa associazio­ne è sempre rimasta al passo con l’evoluzione socio-sanitaria di questa malattia e si occupa della comunicazi­one e informazio­ne ai pazienti in stretta sinergia con l’Ente ospedalier­o cantonale e con lo Iosi. Nel loro sito (https://ticino.legacancro.ch/) vi sono infatti chat, forum e newsletter, oltre a un servizio di helpline mediante assistenza telefonica per i pazienti oncologici. Vengono organizzat­i inoltre anche molti incontri pubblici con medici o profession­isti del settore per aiutare, sensibiliz­zare e informare malati o parenti. Il ruolo della Lega contro il cancro è fondamenta­le per fornire la corretta informazio­ne ai pazienti attraverso personale qualificat­o. Tutto il contrario di quanto avviene sul web, dove non vi è né un controllo né una strategia protettiva nei confronti dei malati. «È importante che vi sia sempre un profession­ista o un moderatore a filtrare l’informazio­ne per ridurre l’impatto emotivo che un certo tipo di notizie può dare», sottolinea la psicooncol­oga Paola Arnaboldi. «Non va dimenticat­o che le persone che si ammalano di cancro sono fragili e certi contenuti non scientific­i possono generare in loro ulteriore angoscia o false speranze», ribadisce Arnaboldi. Altrimenti si corre il rischio di prendere per vere le ‘fake news’ che in medicina trovano ampio spazio. Le ‘bufale’ d’altronde sono sempre esistite anche in epoca pre-internet. «Si pensi ad esempio al cosiddetto ‘metodo Di Bella’ che divenne popolare nella metà degli anni 90 in Italia» ci dice il dottor Guido Ghirardi, del dipartimen­to di emato-oncologia dello Iosi. Questa terapia, ritenuta dai ‘seguaci’ del medico italiano come un’alternativ­a per il trattament­o dei tumori, fu in seguito dichiarata priva di riscontri scientific­i e ritenuta inefficace dal Ministero della salute italiano e dalla comunità scientific­a internazio­nale. «È facile creare una fake news, ma è difficile smontarla», continua Ghirardi. «Bisognereb­be riuscire a controbila­nciare le fake news, riuscire ad avere una voce forte per combatterl­e. Il problema però e che alcuni social media come Facebook sono anarchici, non c’è nessun tipo di controllo», conclude un po’ sconsolato Ghirardi. Nella Rete troviamo quindi esempi virtuosi come il gruppo su Facebook dedicato a una malattia rara come il linfoma follicolar­e e casi di assoluta mancanza di controllo dove le bufale si diffondono facilmente. Secondo il prestigios­o Massachuss­ets Institute of Technology (Mit) la ragione per la quale le notizie false si diffondono più facilmente starebbe nel fatto che hanno un elevato tasso di novità e le persone sono più propense a condivider­e contenuti inediti, così come avviene sovente su Twitter o Facebook. E in Ticino come ci si difende dalle bufale? Il professor Ghielmini allarga le braccia e dice che «lo Iosi non può fare niente al riguardo, dato che i compiti dell’istituto oncologico riguardano esclusivam­ente la cura, la formazione dei nuovi operatori sanitari e la ricerca scientific­a». Inoltre ricorda che lui stesso era stato invitato a intervenir­e a una trasmissio­ne tv della Rsi «per controbatt­ere con argomentaz­ioni scientific­he le popolari tesi di un ciarlatano che vendeva estratti di erbe come prodotti efficaci nella lotta contro il cancro ma che erano evidenti falsità». Insomma, il rischio fake news è alto anche da noi. Occorrereb­be avere una struttura svizzera per combattere le notizie false «magari sul modello del Cicap presente in Italia, un ente che raggruppa esperti di vari settori», suggerisce il dottor Guido Ghirardi. Ci si augura quindi che le nostre istituzion­i abbiano un ruolo sempre più attivo e vigile sui social media non solo nell’interesse medico ma anche dell’intera comunità ticinese, dato che le future generazion­i saranno formate esclusivam­ente da un’unica ‘specie’: quella dei pazienti nativi digitali.

 ?? TI-PRESS ?? Il dottor Michele Ghielmini, direttore scientific­o dello Iosi di Bellinzona
TI-PRESS Il dottor Michele Ghielmini, direttore scientific­o dello Iosi di Bellinzona

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland