Cancro e fake news
Internet e i social media hanno ridefinito la relazione tra medico e paziente in medicina. Abbiamo incontrato alcuni professionisti del settore oncologico in Ticino per capire come è avvenuto questo cambiamento nel loro ambiente e i rischi che ciò comporta, come ad esempio la proliferazione di notizie false.
Chiedo al medico o cerco su Google? Se non vi siete mai posti questa domanda, fate forse parte di una specie in via d’estinzione. La stragrande maggioranza della popolazione svizzera (80%) si informa oggi su questioni riguardanti la salute attraverso le nuove tecnologie, tanto più in oncologia, dove la ricerca di informazioni online da parte dei malati è la norma. Internet e i social network hanno in effetti consentito un accesso allargato alle notizie di tipo medico-scientifico, ormai alla portata di tutti, modificando radicalmente il rapporto tra medico e paziente. «Si tratta di una vera e propria evoluzione culturale» ci spiega il professor Michele Ghielmini, direttore scientifico dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi) di Bellinzona. Questo cambiamento di mentalità sarebbe dovuto essenzialmente a due fattori: le nuove tecnologie e la fine del rapporto quasi patriarcale che esisteva tra il medico e il paziente. «Oggi il paziente vuole prendere in mano la propria vita, è molto più informato. A volte viene persino con dei fogli stampati da internet fin dalla prima visita!», continua Ghielmini. Una volta, invece, era molto diverso e quello che diceva il dottore era considerato ‘legge’. Si trattava del modello tradizionale di rapporto medico-paziente che attribuiva al dottore una quasi totale autorità nel prendere le decisioni nell’interesse dei pazienti. Adesso questo modello è stato rimpiazzato da una relazione basata sulla reciprocità, che responsabilizza e dà maggiore potere decisionale al malato. Anche il ruolo dell’oncologo si è dovuto adeguare ai tempi e l’approccio terapeutico è cambiato, dato che il paziente non vuole solamente essere informato ma vuole anche partecipare alla decisione. «Noi informiamo il paziente delle varie opzioni terapeutiche e le decisioni si prendono congiuntamente, non vengono più imposte» afferma il dottor Ghielmini. Il direttore dello Iosi, polo di eccellenza del Ticino nonché punto di riferimento della ricerca sui linfomi in ambito mondiale, aggiunge inoltre che «in Svizzera il paziente si informa molto, ma si fida comunque del proprio medico con il quale si può sempre confrontare». In questo modo si predilige una comunicazione dialogica e interattiva con l’ammalato, ma l’opinione dell’oncologo è spesso quella decisiva nella scelta terapeutica. Negli Stati Uniti, invece, i pazienti sono molto più influenzati da internet e il web è diventato la prima fonte di decisione in ambito oncologico e spesso l’autorità del medico viene messa in discussione dai pazienti-consumatori. Non casualmente ben l’89% dei pazienti oncologici cerca informazioni sulla propria malattia in rete, secondo quanto indicato da una recente ricerca svolta negli Usa dall’autorevole portale medico Healthline.
Quasi tutti prima o poi consultano ‘dottor Google’
«Ormai anche da noi la quasi totalità dei pazienti oncologici cerca informazioni online», afferma Paola Arnaboldi, psico-oncologa dello Iosi e da più di 15 anni attiva presso la Lega ticinese contro il cancro. La situazione in Ticino è quindi speculare a quella degli Usa. «Purtroppo è aumentato statisticamente anche il numero di malati di cancro nella fascia tra i 30 e 40 anni e di conseguenza è cresciuto anche il numero di persone che si affidano sempre di più ai social network», continua Arnaboldi. Sono principalmente i giovani e le persone che sono dotate di un’alta alfabetizzazione a cercare nel web. Le ragioni che li spingono a cercare nella Rete o sui social sono essenzialmente due. La prima consiste nella ricerca di un supporto emotivo nell’affrontare la malattia in una società più individualista dove i legami familiari sono più sfilacciati; la seconda sta nel fatto che la ricerca di informazioni su internet è spesso di supporto nei processi decisionali dei pazienti oncologici. Per questo motivo stanno avendo molto successo a livello mondiale le ‘community’ che mettono in relazione i pazienti tra di loro e che forniscono informazioni scientifiche aggiornate con interviste ai massimi oncologi mondiali. È il caso dell’iniziativa creata da Nicola Mendelsohn, numero due di Facebook a livello mondiale e affetta da un linfoma follicolare, che ha attivato un gruppo (denominato ‘Living with follicular lymphom’) sul social network di Mark Zuckerberg. La testimonianza della 46enne Mendelsohn, la donna britannica più influente nel settore delle nuove tecnologie, ha avuto ripercussioni sulla stampa mondiale e ha dato visibilità a un sito che consente ai malati di questo tipo di tumore del sangue molteplici attività. In esso si possono avere scambi di informazioni mediche in tempo reale, si trovano esperienze cliniche e terapeutiche provenienti da ogni parte del mondo, incontri con rinomati oncologi oppure consigli alimentari dati da medici nutrizionisti specializzati in oncologia. Il senso di questa e altre iniziative simili è quello di aggregare persone che soffrono della stessa malattia, condividere esperienze, fornire informazioni sulle cure ricevute e dare un sostegno psicologico.
Il lavoro d’informazione della Lega contro il cancro
In Ticino non ci sono ancora progetti analoghi legati ai social network ma un lavoro importante viene svolto dalla Lega contro il cancro. Fondata nel 1936 e nata con una spiccata attenzione al sociale, questa associazione è sempre rimasta al passo con l’evoluzione socio-sanitaria di questa malattia e si occupa della comunicazione e informazione ai pazienti in stretta sinergia con l’Ente ospedaliero cantonale e con lo Iosi. Nel loro sito (https://ticino.legacancro.ch/) vi sono infatti chat, forum e newsletter, oltre a un servizio di helpline mediante assistenza telefonica per i pazienti oncologici. Vengono organizzati inoltre anche molti incontri pubblici con medici o professionisti del settore per aiutare, sensibilizzare e informare malati o parenti. Il ruolo della Lega contro il cancro è fondamentale per fornire la corretta informazione ai pazienti attraverso personale qualificato. Tutto il contrario di quanto avviene sul web, dove non vi è né un controllo né una strategia protettiva nei confronti dei malati. «È importante che vi sia sempre un professionista o un moderatore a filtrare l’informazione per ridurre l’impatto emotivo che un certo tipo di notizie può dare», sottolinea la psicooncologa Paola Arnaboldi. «Non va dimenticato che le persone che si ammalano di cancro sono fragili e certi contenuti non scientifici possono generare in loro ulteriore angoscia o false speranze», ribadisce Arnaboldi. Altrimenti si corre il rischio di prendere per vere le ‘fake news’ che in medicina trovano ampio spazio. Le ‘bufale’ d’altronde sono sempre esistite anche in epoca pre-internet. «Si pensi ad esempio al cosiddetto ‘metodo Di Bella’ che divenne popolare nella metà degli anni 90 in Italia» ci dice il dottor Guido Ghirardi, del dipartimento di emato-oncologia dello Iosi. Questa terapia, ritenuta dai ‘seguaci’ del medico italiano come un’alternativa per il trattamento dei tumori, fu in seguito dichiarata priva di riscontri scientifici e ritenuta inefficace dal Ministero della salute italiano e dalla comunità scientifica internazionale. «È facile creare una fake news, ma è difficile smontarla», continua Ghirardi. «Bisognerebbe riuscire a controbilanciare le fake news, riuscire ad avere una voce forte per combatterle. Il problema però e che alcuni social media come Facebook sono anarchici, non c’è nessun tipo di controllo», conclude un po’ sconsolato Ghirardi. Nella Rete troviamo quindi esempi virtuosi come il gruppo su Facebook dedicato a una malattia rara come il linfoma follicolare e casi di assoluta mancanza di controllo dove le bufale si diffondono facilmente. Secondo il prestigioso Massachussets Institute of Technology (Mit) la ragione per la quale le notizie false si diffondono più facilmente starebbe nel fatto che hanno un elevato tasso di novità e le persone sono più propense a condividere contenuti inediti, così come avviene sovente su Twitter o Facebook. E in Ticino come ci si difende dalle bufale? Il professor Ghielmini allarga le braccia e dice che «lo Iosi non può fare niente al riguardo, dato che i compiti dell’istituto oncologico riguardano esclusivamente la cura, la formazione dei nuovi operatori sanitari e la ricerca scientifica». Inoltre ricorda che lui stesso era stato invitato a intervenire a una trasmissione tv della Rsi «per controbattere con argomentazioni scientifiche le popolari tesi di un ciarlatano che vendeva estratti di erbe come prodotti efficaci nella lotta contro il cancro ma che erano evidenti falsità». Insomma, il rischio fake news è alto anche da noi. Occorrerebbe avere una struttura svizzera per combattere le notizie false «magari sul modello del Cicap presente in Italia, un ente che raggruppa esperti di vari settori», suggerisce il dottor Guido Ghirardi. Ci si augura quindi che le nostre istituzioni abbiano un ruolo sempre più attivo e vigile sui social media non solo nell’interesse medico ma anche dell’intera comunità ticinese, dato che le future generazioni saranno formate esclusivamente da un’unica ‘specie’: quella dei pazienti nativi digitali.