laRegione

A Lucio, con affetto. Ron

L’omaggio a Dalla da Sanremo all’album, fino al concerto di domani sera al Teatro Sociale Musicista impeccabil­e, ancor prima che cantante, Rosalino a Bellinzona racconta l’amico con le canzoni. ‘Quel che manca, a me e a tutti, è la sua unicità’.

- Di Beppe Donadio www.teatrosoci­ale.ch, www.ticketcorn­er.ch).

La Svizzera, ultima terra calpestata in vita da Lucio Dalla, spentosi in una stanza d’albergo di Montreux quasi sette anni fa. Pensando a quel marzo del 2012, assume ancor più significat­o il fatto che il tributo svizzero di Ron all’amico scomparso, con il quale ha scritto alcuni dei capitoli più belli della canzone italiana, si tenga domani sera al Teatro Sociale di Bellinzona (inizio ore 20.45,

Un concerto che avrà i suoni acustici del disco ‘Lucio!’, uscito poche settimane dopo ‘Almeno pensami’, il Dalla inedito con il quale Rosalino ha riportato il collega – suonando, arrangiand­o e cantando da par suo – sul palco del Sanremo 2018. «Lucio è stata una persona molto intelligen­te, con un umorismo pazzesco, un pazzo scatenato», racconta Ron alla ‘Regione’, mentre viaggia in direzione Belluno, città che precede di 24 ore Bellinzona. «Non credo di avere mai riso così tanto in vita mia come mi è successo in tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme. Lucio era questo, e allo stesso tempo una persona con un’attenzione molto forte verso il prossimo, cosa che lo distinguev­a da tutti gli altri. Uno che prendeva il suo lavoro con grande serietà, ma anche un uomo che con la musica non ha mai smesso di giocare. Questa è stata, a mio parere, la sua forza e questo è anche il vuoto che ha lasciato, dentro di me come dentro tutti, credo. Oltre alla mancanza dal punto di vista artistico, manca soprattutt­o il fatto che una persona come lui non sia più tra noi. Manca la sua unicità».

‘Piazza Grande’, da Napoli alla Sicilia

L’album, e il concerto in modo più esteso, abbraccian­o l’intera produzione di Dalla e il Ron solista, che sono stati per lungo periodo una cosa sola. «Il ricordo è affidato alle sue canzoni, al mio racconto, ma anche a fotografie e filmati. Più che raccontare cosa accadrà, però, preferisco dire che è qualcosa da vivere in prima persona, non vorrei banalizzar­e qualcosa che banale non è». Quel che è certo è che «ci sarà ‘Anima’,

che ritengo il testo più bello che Lucio abbia scritto per me». Ci sarà anche ‘Chissà se lo sai’, canzone del 1985 che dà il titolo a un’autobiogra­fia uscita trent’anni più tardi, che di Ron contiene tutta la storia e i cui capitoli portano ognuno il nome di un vino: «Che vino sarebbe Lucio? Un Traminer, gusto profumato, molto personale, unico e che fa sorridere. Un vino che berlo è un piacere». Ci sarà anche, come potrebbe mancare, ‘Piazza Grande’: «È nata a bordo di una nave, mentre viaggiavam­o da Napoli verso la Sicilia. Fa parte dei momenti eccezional­i che abbiamo trascorso insieme, fu un momento magico accaduto in una giornata meraviglio­sa, di sole e di mare: io attaccai la musica con la chitarra, Lucio si avvicinò a me. Senza rendercene conto, stavamo scrivendo

una canzone che avrebbe poi fatto il giro del mondo».

La gioia dell’essere utile

Sul palco, è prevedibil­e, si respirerà lo stesso rispetto contenuto nel disco. Un rispetto in nome del quale, sull’album, Ron lascia per intero la scena a Lucio in un nuovo arrangiame­nto di ‘Com’è profondo il mare’, idea nata dall’analisi del pezzo durante uno speciale televisivo: «Era mio anche l’arrangiame­nto originale e mi è piaciuto ripetere la cosa, accompagna­rlo di nuovo, ma questa volta con una ritmica e con chitarre più aggressive, proprio perché ascoltando la traccia isolata del suo canto, senza gli altri strumenti, quella sua voce da sola era talmente forte che quasi ti prendeva per la gola». Dalla davanti e Ron un passo indietro, ad arrangiare e poi suonare. Un piacere particolar­e riservato a chi è anche musicista e strumentis­ta, ristrettis­sima categoria. È, in fondo, quel che succede anche in ‘Banana Republic’, storico disco (e tour) del 1979 che in copertina porta i nomi di Dalla e De Gregori e al suo interno – alla voce “arrangiame­nti, piano, chitarra, cori” – Ron: «Credo sia così sempre. Per chi fa musica, questo è il modo di porsi. Se decido di arrangiare le canzoni di qualcuno, mi pongo nell’atteggiame­nto di chi arrangia e, quando suona, non vede l’ora di salire sul palco. Questo è quello che ho fatto molte altre volte, con Lucio, con De Gregori, con Venditti (‘Sotto la pioggia’, 1982, ndr). Una cosa bellissima perché ero al loro servizio. Mi riempie ogni volta di gioia questo essere utile».

‘Almeno pensami’

Premio della Critica Mia Martini e quarto posto a Sanremo 2018, ‘Almeno pensami’, donata a Baglioni dalla Fondazione Dalla, e da Baglioni a Ron (chi altri?) perché fosse cantata, è parsa a molti il giusto risarcimen­to da quel Festival che solo un anno prima, un po’ l’aveva maltrattat­o, Ron, ignorando la ballad ‘L’ottava meraviglia’. Trent’anni fa, stessa sorte era toccata a ‘Il mondo avrà una grande anima’, una cosa troppo avanti per il 1988 (o troppo bella per una gara canora). ‘Almeno pensami’ vendica in qualche modo anche ‘Occhi di ragazza’ (musica di Dalla), scartata ancor prima della gara da una poco lungimiran­te giuria nel 1970, quando il teenager Rosalino tentò di mettere piede al Festival speditoci proprio da Lucio, poco tempo dopo il primo incontro tra i due avvenuto nelle stanze romane della Rca, con l’artista bolognese ingessato dalla testa ai piedi dopo essere finito contro l’auto dell’allora ministro della Sanità italiano sul raccordo anulare. «Chi se lo immaginava che avrebbe lasciato nel cassetto una canzone talmente bella», dice Ron di ‘Almeno pensami’. «Non perché non avessimo fiducia in lui, ma perché di solito quando qualcuno estromette un brano dal proprio disco è perché o non crede compiutame­nte in quel pezzo, o ha avuto qualche dubbio fino alla fine. E invece ci siamo trovati di fronte a una grande canzone, alla quale è stato per me molto facile avvicinarm­i, e poi cantarla con tutta la passione che meritava, con la voglia di esserci».

La musica che non esiste

Dei grandi che non ci sono più, può capitare di pensare a cosa starebbero facendo oggi, quale musica ci si potrebbe attendere, se ancora vi fosse la possibilit­à di attendere. È l’incognita che giriamo a Ron prima di lasciarlo al suo viaggio verso il profondo nord: «È impossibil­e da dire, perché sarebbe sicurament­e una musica che non esiste. Qualcosa di completame­nte nuovo, provenient­e da chissà dove. Lucio si avvicinava alla musica guidato da tanta curiosità, dedicava molto del suo tempo ad ascoltare quella di tutti. Se provo a immaginarm­elo oggi, lo vedo immerso dentro qualcosa di totalmente imprevedib­ile». Imprevedib­ile per Ron, ma anche per noi. Forse anche per Lucio.

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KEYSTONE/WIKIPEDIA
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In alto, a Sanremo. In basso, con Dalla, tra i Settanta e gli Ottanta

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