Pensateci e fate qualcosa
Con l’elezione di Viola Amherd e Karin Keller-Sutter, sale a tre il numero di donne in Consiglio federale, rispetto a quattro uomini. Bene! Però non si può dire lo stesso per la rappresentanza politica a tutti i livelli. In Svizzera, vivono più donne che uomini. Eppure soltanto un terzo di loro siede in Consiglio nazionale, e solo il 15% nel Consiglio degli Stati. In Ticino, è anche peggio: le donne sono il 54%, però in Gran Consiglio sono solamente il 25,5%. E in Consiglio di Stato? Zero. Null. Nichts. Nemmeno una donna. Eppure, il loro utero non impedisce di fare politica (e un sacco di altre cose) con altrettanta bravura degli uomini. Lo spiega bene lo storico Yuval Noah Harari. Nel suo libro “Da animali a dei. Breve storia dell’umanità” scrive: “C’è una gerarchia di suprema importanza in tutte le società umane conosciute: la gerarchia di genere. Dovunque le genti si sono divise tra uomini e donne. E quasi dovunque gli uomini hanno avuto la meglio, almeno a partire dalla rivoluzione agricola. Eppure – continua – la divisione tra uomini e donne è un prodotto dell’immaginazione, come il sistema delle caste in India e il sistema razziale in America”. La battaglia è quindi culturale e non biologica: “Le società associano alla mascolinità e alla femminilità una quantità enorme di attributi che non hanno alcun fondamento biologico preciso”, spiega Harari: “È la cultura che impone alla gente di attuare certe possibilità proibendone altre”. Come ci battiamo affinché i neri siano rappresentati negli Stati Uniti, dobbiamo batterci per una minoranza (che minoranza non è, viste le cifre): quella delle donne. Lo ricorda una canzone di John Lennon, “Woman is the Nigger of the World”. Scritta nel 1972, più volte censurata, faceva più o meno così: «La donna è il negro del mondo/sì lo è, pensateci/la donna è il negro del mondo/pensateci e fate qualcosa». Appunto, pensateci e fate qualcosa. Ad esempio, alle prossime votazioni cantonali, io voto donna.
Giovanni Valerio, Losone