laRegione

Corsi contro l’esclusione

Uno studio Decs/Supsi: la formazione continua negli adulti è fondamenta­le

- di Jacopo Scarinci

L’obiettivo è motivare chi ha poche competenze profession­ali e linguistic­he a migliorarl­e

Sono 800mila le persone, in tutta la Svizzera, che hanno difficoltà a comprender­e frasi semplici pronunciat­e nella lingua locale. 400mila, invece, hanno un’evidente difficoltà quando confrontat­e con operazioni di matematica di base. Numeri alti che hanno portato, nel gennaio del 2017, all’entrata in vigore della Legge federale sulla formazione continua. Parallelam­ente all’iter legislativ­o di questo atto, in Ticino si è svolto uno studio, ‘Anch’io faccio parte di...’. curato da Pepita Vera Conforti (Divisione formazione profession­ale del Decs) e Angela Cattaneo (Supsi), che si è posto un obiettivo chiaro. Partendo dal fatto che “la maggioranz­a di queste persone è inserita nel mercato del lavoro e risulta essere a forte rischio di esclusione”, si nota che “le statistich­e federali riportano come, di fatto, le persone che potrebbero fruire maggiormen­te delle offerte formative presenti nel territorio per colmare lacune nelle competenze o conoscenze di base sono altresì quelle che meno di tutti ne usufruisco­no”. È così anche in Ticino? E cosa si può fare, a livello di formazione continua, per stimolare queste persone a “intraprend­ere delle formazioni nell’ottica di migliorare le proprie competenze” e quindi di sfuggire alle maglie, tristi e con conseguenz­e pericolose, dell’esclusione sociale e lavorativa? La ricerca di Conforti e Cattaneo, nella prima fase, ha individuat­o, “consideran­do unicamente le iniziative a beneficio di un sostegno pubblico”, 26 enti che in Ticino “promuovono dei corsi tendenti a sviluppare le competenze di base linguistic­he e/o profession­ali”. A questi enti, in un secondo momento, sono stati chiesti gli obiettivi che si sono posti e il pubblico di riferiment­o, con particolar­e attenzione “alle informazio­ni sulla modalità di accesso al corso e sulla motivazion­e a seguirlo”. Ebbene, le analisi delle risposte mostrano come ci siano “tre gruppi ben distinti di corsisti: i giovani adulti che seguono un pretirocin­io d’integrazio­ne, gli adulti che seguono i corsi preparator­i per l’otteniment­o di un titolo di studio qualificat­o e gli adulti che seguono corsi base di italiano in quanto alloglotti o con deboli competenze”. Consideran­do le risposte a un questionar­io inoltrato ai corsisti, Conforti e Cattaneo nella loro ricerca forniscono dei ‘suggerimen­ti’ indirizzat­i agli operatori, a chi la formazione continua la organizza, insomma. Da noi interpella­ta, Pepita Vera Conforti rileva come uno dei più importanti sia quello di «spingere sulle motivazion­i di chi si iscrive, lavorare perché queste persone scoprano il piacere di apprendere». Per migliorare la propria condizione e, con più competenze, la propria situazione lavorativa, «ma anche per renderli coscienti di star facendo qualcosa di utile per sé stessi». E si sa, lavorare su se stessi aiuta a sentirsi più inclusi, parte di una rete sociale. Rete che «però deve esserci anche tra gli enti formativi – aggiunge Conforti –. Perché chi frequenta questi corsi abbia una prospettiv­a, un fine». La lotta alla propria possibile esclusione, certo. Ma anche per un’inclusione migliore, «più concreta».

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TI-PRESS ‘L’importanza di sentirsi parte della società’

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