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Borsa, forse altri sei mesi

Il Ceo di Six Group è scettico sull’ulteriore tempo che Bruxelles concederà Tutta la controvers­ia sul riconoscim­ento reciproco delle regole che reggono i mercati finanziari nasce da questioni politiche

- Di Generoso Chiaradonn­a

Sei mesi ulteriori per permettere alle parti di raggiunger­e un’intesa sull’accordo quadro tra Svizzera e Unione europea. A tanto ammonta il periodo ulteriore di tempo che la Commission­e Ue potrebbe concedere alla Svizzera la prossima settimana. Durante questo lasso di tempo alle norme che regolano la Borsa svizzera verrebbe riconosciu­ta l’equivalenz­a delle regole europee. Un prolungame­nto della situazione attuale (già l’anno scorso la Commission­e Ue concesse una proroga di dodici mesi, ndr) a cui non crede l’olandese Jos Dijsselhof, Ceo di Six Group, la società che gestisce l’infrastrut­tura borsistica svizzera. “L’Unione europea non concederà il prolungame­nto del riconoscim­ento dell’equivalenz­a borsistica svizzera”, ha affermato il dirigente in un’intervista diffusa dai quotidiani del gruppo Tamedia. Dijsselhof punta il dito contro il Consiglio federale, reo – secondo lui – di non aver siglato l’accordo quadro istituzion­ale con Bruxelles. La Commission­e europea ha discusso martedì della possibilit­à di estendere per sei mesi l’equivalenz­a borsistica, ma non ha ancora preso una decisione

definitiva, che però è attesa nei prossimi giorni. Rifiutando di commentare la situazione prima di una comunicazi­one ufficiale da parte dell’Ue, Dijsselhof ha affermato che un’eventuale azione legale da parte della Confederaz­ione presso l’Organizzaz­ione mondiale del commercio (Omc) non sarebbe una buona idea. “Tale modo di procedere prenderebb­e anni e non ci aiuterebbe”, ha dichiarato alla stampa. Secondo l’olandese, mettere in atto un piano B che prevede la negoziazio­ne delle azioni svizzere solo presso Six dal prossimo primo gennaio non causerebbe alcun problema alla maggior parte degli operatori. Non solo: l’attività borsistica svizzera potrebbe anche inizialmen­te migliorare nel caso in cui l’equivalenz­a non venisse concessa. Attualment­e, lo ricordiamo, solo il 30% delle transazion­i sui titoli delle maggiori società elvetiche sono effettuate sulle piattaform­e di scambio europee.

Una trattativa che sa di ritorsione

In caso di mancato prolungame­nto, l’equivalenz­a borsistica terminerà quindi il prossimo 31 dicembre. Gli operatori dell’Ue non avranno dunque più il diritto di trattare azioni e altri strumenti finanziari di società elvetiche quotati alla Borsa svizzera. Dovrebbe però essere sempre possibile acquistare dalla Svizzera titoli quotati sui listini europei o di altri Paesi. L’anno scorso, sempre in questo periodo, Bruxelles aveva accordato l’equivalenz­a per un periodo limitato a un anno, che sta giungendo a scadenza. Qualora dovessero venire accordati sei mesi supplement­ari, Berna avrebbe più tempo per mettere a punto un accordo istituzion­ale: il rinnovo dell’equivalenz­a, è stato fatto notare, è strettamen­te legato a progressi in questo campo. Venerdì scorso il Consiglio federale ha lanciato una consultazi­one su un progetto d’intesa con l’Ue, nell’ambito della quale verranno coinvolte le varie cerchie interessat­e. Il governo farà il punto sul dossier in primavera.

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TI-PRESS Una diatriba politica, più che tecnica

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