Frenetiche macchine mortali
Abbiamo un romanzo nato da un’idea semplice: avere delle città che si muovono su ruote. Da qui Philip Reeve ha costruito un futuro postapocalittico, con grandi città in movimento che predano le piccole, in lotta con la resistenza anti-trazionista. ‘Macchine mortali’ da libro è poi diventato serie di romanzi, ma – parola dell’autore – “è sempre stato destinato a diventare un grande film d’azione”. E quel film è oggi nelle sale, diretto con mestiere da Christian Rivers e realizzato dalla squadra del ‘Signore degli anelli’ e ‘Lo Hobbit’, Peter Jackson in primis. L’ambizione è insomma chiara: dar vita a una saga fantasy che ci terrà compagnia per i prossimi anni. Gli ingredienti ci sono tutti: un universo interessante, soprattutto per come Reeve ha sviluppato le varie fazioni che si scontrano; personaggi ai quali affezionarsi come il giovane storico Tom Natsworthy (Robert Sheehan) e l’antitrazionista Hester Shaw (Hera Hilmar), o da detestare come il cattivo Thaddeus Valentine (Hugo Weaving); e, ovviamente, effetti speciali ben realizzati, dalla gigantesca “Londra su ruote” alla città tra le nuvole. Il problema è che due ore di film sembran tante, ma non bastano né al regista né agli sceneggiatori per dare spessore a un film che andava forse diviso in due parti. Abbiamo così scene poco credibili (Tom che in pochi minuti rivela a una ragazza dove nasconde la pericolosa ‘old tech’) e, soprattutto, con poca tensione. Vedi il personaggio dell’uomo risorto Shrike, spietato mezzo robot che nel corso del film ritrova una sua umanità: il problema è che in una decina di minuti di presenza sullo schermo è difficile provare prima timore e poi empatia per Shrike, col risultato che quella che dovrebbe essere una delle scene forti del film passa via quasi senza accorgersene. In conclusione: un film da vedere ma senza grandi aspettative, se non forse in un sequel più curato. IAS