‘Alle Cure a domicilio c’è del malessere’
Sindacati e deputati denunciano il clima di lavoro. Comi: ‘Sono basito’.
Agli orecchi dei sindacati – Ocst e Vpod – è da un po’ che giungono lamentele e storie di disagio. Dentro il Servizio di Assistenza e cura a domicilio del Mendrisiotto e Basso Ceresio (Acd) il clima di lavoro sarebbe teso. Nodo gordiano, le modalità di gestione dei dipendenti. «Il malessere c’è», ci conferma Fausto Calabretta del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari. Con i colleghi dell’Organizzazione cristiano sociale, Davina Fitas e Gianni Guidicelli, condivide la preoccupazione per uno stato di cose emerso in modo chiaro, ribadisce, nel corso di un’assemblea del personale (una quarantina i presenti). «Sono, però, più numerose le testimonianze raccolte fra i dipendenti», puntualizza. Voci che i rappresentanti sindacali hanno portato all’attenzione della direzione e del Comitato presieduto da Giorgio Comi il 21 novembre scorso in un incontro. È in quell’occasione, ci fa sapere Davina Fitas, che sono state «elencate le problematiche riscontrate, con l’auspicio che l’Acd si rivolga al Laboratorio di psicopatologia del lavoro dell’Osc». Una opzione alla quale sembra si faccia resistenza. Così a scoperchiare il pentolone ci si è messa la politica cantonale. Parole pungenti e quindici domande indirizzate al Consiglio di Stato da sei deputati del Ps – prima firmataria Gina La Mantia – per fare chiarezza e chiedere conto di un “degrado” causato da “una troppo autoritaria gestione del personale, che mira unicamente all’efficienza e all’efficacia del Servizio, perdendo di vista il clima di lavoro tra il personale”. Dall’interrogazione spicca un dato: “In soli due anni 32 dipendenti avrebbero dimissionato”. Cosa sta capitando all’Acd? «Innanzitutto, un chiarimento – sgombra il campo Comi, che si dice «basito» –: quella trentina di partenze è motivata da varie ragioni; dalla maternità al prepensionamento, a un cambiamento di lavoro. Certo, vi sono anche, in un paio di casi, persone alle quali non è stato rinnovato il contratto perché non adeguate all’incarico. Faccio presente che a fronte dei nostri 200 collaboratori – oltre alla sessantina di mandati esterni, ndr –, si parla di meno del 10 per cento, un ‘turn over’ usuale nel sanitario». Insomma, le accuse mosse dai parlamentari – che chiedono al governo se intende far intervenire il Medico cantonale – appaiono sopra le righe. Si parla, però, di malessere circostanziato. «Il lavoro di chi opera nelle cure a domicilio – settore peraltro sottoposto alla pressione del privato – è cambiato in questi anni: si è presenti dalle 6 alle 22, fine settimana e notti comprese, e per 365 giorni l’anno. Siamo consapevoli dello stress a cui possono essere sottoposti i dipendenti, confrontati altresì con un’utenza con problematiche quasi ospedaliere – motiva ancora Comi –. Ecco perché a gennaio abbiamo attivato uno sportello di ascolto gratuito e anonimo. A dimostrazione che siamo attenti al benessere del personale». Adesso l’attenzione è rivolta alle risposte del Cantone.