Gli elettori finiti nella Rete lanciata da Mosca
Washington – Army of Jesus, Being Patriotic, Heart of Texas, Black Matters Us: decine e decine di falsi account per far eleggere Donald Trump. Secondo la commissione intelligence del Senato Usa, la macchina della Internet Research Agency guidata da Yevgeny Prigozhin, uomo di Vladimir Putin, aveva così invaso i social media per influenzare le presidenziali del 2016. Facendo un buon lavoro, visto il risultato, che non si sarebbe tuttavia limitato al voto per la Casa Bianca, ma sarebbe proseguito anche dopo l’insediamento, almeno fino alla metà del 2017, o forse fino alle elezioni di metà mandato del novembre scorso. Un’operazione di disinformazione su larghissima scala, che non ha coinvolto solo Facebook e Twitter, ma praticamente le piattaforme maggiori del web, Microsoft, Google, Instagram, YouTube, Yahoo!, Tumblr, Vine. Il quadro, mai così dettagliato, emerge da due rapporti consegnati alla commissione senatoriale, basati sull’analisi di milioni di post forniti dalle stesse aziende coinvolte. Il tutto frutto della collaborazione della Silicon Valley con il Congresso e gli investigatori che indagano sull’intrusione della macchina propagandistica di Mosca. I due dossier – uno preparato dalla Oxford University, l’altro dalla Columbia University – sono giunti in una settimana di fuoco per Trump. Nei prossimi giorni infatti le indagini sul Russiagate potrebbero arrivare al presidente. I nuovi rapporti non fanno che accrescere la tensione, rivelando l’immensa portata dell’azione pro-Trump messa in campo dai russi. Questo attraverso una diffusione capillare di fake news, immagini, video, messaggi fuorvianti e mirati a ben precisi gruppi di elettori: da quelli di estrema destra, convinti di avere in Trump l’interlocutore più fidato, alle minoranze afroamericana o ispanica, tra cui infondere sfiducia scoraggiandole a recarsi alle urne. Ma nel mirino anche musulmani, cristiani, ebrei, donne, progressisti, gay, veterani, tutte componenti dell’elettorato agganciate ognuna con messaggi ad hoc.