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Viaggio all’origine del presepio

- Di Paolo Petroni / Ansa

Nelle case, specie quelle dove ci sono bambini, in questi giorni si è costruito il presepe, magari facendo una puntata a Napoli in via San Gregorio Armeno per vedere le ultime novità e comprare oggetti di scena o personaggi. Il presepe è infatti un teatro, una scena di teatro di figura che rappresent­a la natività in un divenire che va dalla comparsa della stella cometa all’arrivo dei re Magi, e come tutte le sacre rappresent­azioni è frutto di una lunga evoluzione, di riscrittur­e successive che portano al senso e alla comunicazi­one culturale che conosciamo oggi e che ha valore fondativo per tutta la comunità cristiana. Maurizio Bettini, docente di Filologia classica all’università di Siena e studioso di miti e tradizioni nell’ottica dell’antropolog­ia culturale, ricostruis­ce il percorso e la nascita attraverso i secoli del nostro presepe, quello che conosciamo oggi, individuan­do l’origine di tanti aspetti (‘Il presepio’, Einaudi). Se, per esempio, né di capanna né di grotta e tanto meno di bue e asinello si parla nei vangeli di Luca (che cita solo una mangiatoia e i pastori) e Matteo (che anzi parla di nascita in una casa), è San Gerolamo che cita la grotta, quasi a riempire una lacuna di Luca; e ricorda che si trattava della stessa grotta dove un tempo si venerava Adone, amante di Venere. I miti classici, la letteratur­a specie latina, servono a capire il percorso che porta a Greccio, dove si dice che San Francesco per farne una nuova Betlemme costruì il primo presepe nel 1223. Prudenzio, il grande poeta cristiano antico del IV secolo dopo Cristo, racconta della nascita di Gesù in un paesaggio in cui “i rigidi massi, sconfitti, hanno rivestito di erba le loro selci” e “già la quercia, dal suo arido tronco, stilla gocce di amomo, già la tamerice trasuda balsamo” e arrivano ad adorarlo “i bruti animali... e i quadrupedi si avvicinano alla mangiatoia”. Affermazio­ni, queste, che pur nella loro genericità oggi ci piace leggere come prime allusioni alla presenza del bue e dell’asinello, che del resto a quell’epoca si trovano rappresent­ati accanto al bambinello in decorazion­i scolpite di sarcofaghi. Bettini si chiede perché si parli, a cominciare dai vangeli apocrifi, di queste bestie e proprio sempre di un bue e un asino che finiscono ormai già da soli a simboleggi­are la scena della nascita, del Natale. Segue a pagina 22

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KEYSTONE Colto e popolare

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