laRegione

Fasel, è rivoluzion­e: ‘Anche in Europa piste da 26 metri’

René Fasel annuncia il passo (finale?) verso la Nhl: ‘Pensiamo alle piste piccole anche in Europa’. A partire dal 2022.

- di Kurt Wechsler

Davos – È un lunghissim­o vialone d’arrivo. Al termine del quale, una volta calato il sipario sui Campionati del mondo in programma a Losanna e Zurigo nel mese di maggio del 2020, René Fasel lascerà lo scettro a qualcun altro. All’età di 70 anni, ventisei dei quali trascorsi ai vertici dell’hockey mondiale. «La prima volta che venni qui a Davos fu nel 1976, quand’ero ancora un linesman – racconta il dentista friborghes­e, che dopo aver giocato nel settore giovanile del Gottéron, nel 1972 intraprese la carriera arbitrale arrivando fino a dirigere una quarantina di partite internazio­nali –. Cosa penso della Spengler? Che è parte integrante del nostro hockey, così come lo sono i Mondiali U20 che si stanno svolgendo adesso in Canada. Ed è una ribalta internazio­nale importante, frequentat­a ogni anno da squadre di Russia, Finlandia, Cechia e Germania: non posso immaginare che un giorno tutto questo non ci sia più». Più facile è invece immaginare che direzione prenderà l’hockey su ghiaccio, visto che ogni anno ci sono sempre meno differenze fra la Nhl e il resto del mondo... «Sì, è vero, ci siamo un po’ adeguati al Nordameric­a – ammette –. Del resto, io lo dico sempre: il livello del nostro sport non è mai stato così buono come lo è adesso. Anzi, posso spingermi oltre: alla Iihf (la Federhocke­y mondiale, ndr) stiamo discutendo l’eventualit­à di passare dalle piste dalla larghezza di trenta metri a quelle da ventisei. Naturalmen­te so bene che per arrivare a una cosa del genere sarà necessaria una fase di transizion­e, e so pure che non sarà un progetto facile da realizzare, ma l’intenzione è proprio quella». Il motivo? «Le piste europee sono diventate uno svantaggio sul piano del giorno, infatti si passa troppo tempo negli angoli e non è certo quello il senso dell’hockey: quando pensiamo che una partita dura sessanta minuti, e una ventina di quelli la si trascorre a difendere il disco in fondo alle balaustre... Nel mese di ottobre ho avuto la fortuna di assistere alle due sfide Nhl tra Florida Panthers e Winnipeg Jets giocate a Helsinki su pista piccola, e del-

l’esperiment­o abbiamo poi discusso con allenatori e addetti ai lavori. In ogni caso, e posso dirlo con cognizione di causa, siccome seguo con interesse la Nhl, il gioco in Nordameric­a è più veloce e più intenso che mai. Impression­ante, sul serio». E come avverrebbe tale rivoluzion­e? «Ripeto, ne stiamo ancora discutendo. Un’ipotesi potrebbe essere quella dei Giochi di Pechino del 2022, ciò che potrebbe anche influenzar­e la scelta di un eventuale ritorno da parte della Nhl. Oppure si potrebbe cominciare ai Mondiali in Finlandia dello stesso anno. Ciò che so, però, è che una scelta del genere avrà ricadute positive sulla preparazio­ne dei giovani: infatti in Nhl il gioco è molto più orientato sulla porta, e in futuro per loro sarà più facile adattarsi».

Adesso, infatti, molti dei nostri migliori giovani scelgono di emigrare. «Il fatto è che, da noi, il campionato degli juniores élite è di livello troppo basso. Chi può, quindi, va in Svezia o negli States. E su questo dobbiamo investire, perché sono loro il nostro futuro». Sul piano dei ritmi, invece, i nostri giovani dovrebbero avere minor difficoltà, siccome anche in Europa si gioca ormai a ritmi forsennati... «In verità, un giocatore non dovrebbe disputare più di cento partite all’anno, ma si fa in fretta a raggiunger­e quel traguardo, tra campionato, Coppa, Champions, Nazionale, amichevoli... E quando si è stanchi si corre maggiormen­te il rischio di farsi male. Prendiamo la Khl: in Russia la regular season conta 60 partite, e sono troppe, consideran­do poi la

lunghezza delle trasferte. Così succede che 25 giocatori in squadra non bastano più: ce ne vogliono trenta, più uno straniero supplement­are. Poi i club dicono che vogliono giocare di più per incassare di più, ma dimentican­o che così facendo hanno anche maggiori spese da pagare». A proposito di soldi: dopo Losanna, anche Zurigo, Friborgo e Ambrì si preparano ad accogliere il nuovo stadio: rispetto a un tempo, insomma, la situazione è decisament­e migliore. «Ed è senz’altro un bene, ma rimane il problema delle piste in generale, intese come superfici ghiacciate a disposizio­ne: se vogliamo davvero investire sui giovani, quelle attuali sono troppo poche». Tuttavia, in Svizzera quando c’è da spendere per lo sport non tutti sono d’accordo. L’ennesima dimostrazi­one

di ciò la si è avuta nella scorsa estate, quando dopo i Grigioni anche il Vallese ha bocciato l’ipotesi dei Giochi olimpici. «Forse non tutti la vedranno così, ma io sono molto preoccupat­o se penso alle Olimpiadi invernali – conclude Fasel –. Guardiamo alle candidatur­e per il 2026, cioè a Svezia e Italia: senza l’appoggio dei governi al giorno d’oggi è impensabil­e riuscire a organizzar­e un evento del genere. Ed è vero che per ottimizzar­e si potrebbe decidere di tornare in posti in cui s’era già gareggiato in passato, come Vancouver, Calgary, Salt Lake City, Sochi o Sapporo, dove già esistono le infrastrut­ture adeguate. Però, quando nazioni ‘invernali’ come Svizzera, Austria, Germania o Svezia dicono di no ai Giochi, qualcuno una domanda se la dovrebbe porre».

 ?? KEYSTONE ?? Il friborghes­e, presidente dell’Iihf dal 1994, lascerà a maggio 2020. Col sorriso: ‘Il livello non è mai stato tanto alto prima d’ora’
KEYSTONE Il friborghes­e, presidente dell’Iihf dal 1994, lascerà a maggio 2020. Col sorriso: ‘Il livello non è mai stato tanto alto prima d’ora’

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland