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Corsa all’oro, ora la doccia fredda

Il Burkina Faso si situa tra i Paesi più poveri del pianeta. Nonostante una società civile molto dinamica,si dimostra una nazione confrontat­a a problemi di sviluppo persistent­i.

- Di Eva Schmassman­n, Alliance Sud traduzione di Zeno Boila

Tra il 2003 e il 2012 in Burkina Faso, uno Stato dell’Africa occidental­e, si è verificata una vera e propria corsa all’oro. Sul mercato nazionale il prezzo del metallo prezioso è temporanea­mente quintuplic­ato e il sogno di fare rapidament­e fortuna ha attirato innumerevo­li minatori nei campi d’estrazione dell’oro. Il governo ha modificato il codice minerario nazionale per attirare investitor­i stranieri. Numerose imprese che inizialmen­te si erano astenute dallo sfruttare industrial­mente l’oro del Burkina Faso, a causa della situazione politica instabile del Paese o dei costi d’investimen­to elevati, hanno risposto alla chiamata; in Burkina Faso dodici miniere d’oro industrial­i benefician­o oggi di un permesso d’estrazione. La quota d’oro nelle esportazio­ni è del 55%, una pericolosa dipendenza unilateral­e di un bene destinato all’esportazio­ne. Per la popolazion­e la brillantez­za dell’oro si è rapidament­e offuscata. Interi villaggi sono stati dislocati per lasciare posto alle miniere industrial­i. Diverse madri hanno perso i loro figli perseguita­ti da un sogno pericoloso: in condizioni spaventose cercano in pozzi profondi la vena d’oro che potrebbe cambiare le loro vite. La realtà in Burkina Faso è molto diversa: sfruttamen­to, lavoro minorile, prostituzi­one e consumo di droghe fanno parte della quotidiani­tà del cercatore d’oro. Inoltre, l’impiego di mercurio o di cianuro per estrarre l’oro mette in pericolo la salute umana e l’ambiente. In occasione di un viaggio organizzat­o da Sacrificio Quaresimal­e a fine ottobre, ho potuto prendere atto personalme­nte della situazione. L’inizio della corsa all’oro ha incentivat­o l’integrazio­ne della problemati­ca dell’estrazione delle materie prime nei progetti di Sacrificio Quaresimal­e. Questo perché le organizzaz­ioni partner locali, i piccoli agricoltor­i delle regioni rurali o i gruppi di solidariet­à femminile sono tutti direttamen­te colpiti dagli effetti dell’estrazione dell’oro: il metallo

prezioso trovato sulle loro terre indebolisc­e le basi del reddito agricolo e la partenza dei giovani provoca una mancanza di manodopera. Nuovi partenaria­ti strategici devono essere creati, ad esempio, per influenzar­e, nel quadro della revisione del codice minerario, l’elaborazio­ne delle condizioni generali d’estrazione dell’oro a livello nazionale. L’obiettivo è di garantire che la popolazion­e non debba unicamente sopportare gli impatti provocati dall’industria mineraria, ma che possa anche beneficiar­e dei profitti di quest’ultima.

L’estrazione dell’oro nella provincia di Bam

Kongoussi è il capoluogo della provincia di Bam situato a un centinaio di chilometri a nord di Ouagadougo­u. Visitiamo due dei tanti siti d’estrazione artigianal­e dell’oro e un villaggio dislocato a seguito della creazione di una miniera industrial­e. La visita sul posto è scioccante anche per qualcuno che ha già letto vari studi sulle condizioni di

lavoro dei minatori e ha visto fotografie e film sull’argomento. L’aria carica di polvere, il fango, il sole bruciante; i piccoli minatori eseguono tutte le fasi del lavoro fino al lavaggio della sabbia contenente l’oro. Una fase successiva è però necessaria per completare il processo d’estrazione: quindi, come spesso accade nell’estrazione artigianal­e, si sfruttano le particolar­ità del mercurio che si può amalgamare o combinare con il metallo giallo. I primi compratori d’oro procedono con quest’operazione direttamen­te sul posto. La dipendenza dei cercatori d’oro da questi acquirenti è quasi illimitata. Inoltre, data la precaria situazione dei minatori, il loro potere di negoziazio­ne è estremamen­te debole. Alcune organizzaz­ioni partner di Sacrificio Quaresimal­e si mobilitano in questo contesto cercando di organizzar­e i piccoli minatori in sindacanti in modo da consolidar­e collettiva­mente la loro posizione. Degli esami preliminar­i avrebbero almeno permesso di identifica­re una localizzaz­ione caratteriz­zata da un accesso all’acqua di buona qualità. Le case messe a disposizio­ne non corrispond­ono alla forma tradiziona­le delle abitazioni e hanno portato allo sgretolame­nto della struttura sociale del villaggio, fino ad allora intatta.

La miniera d’oro di Bissa

Sulla via del ritorno verso Ouagadougo­u, ci fermiamo a Bissa, un villaggio che nel 2013 ha dovuto cedere la sua miniera d’oro industrial­e. Nel villaggio si percepisco­no quasi fisicament­e la delusione e la rabbia degli abitanti sfollati. Solo alcune delle molte promesse fatte dai nuovi operatori della maniera sono state mantenute. Dopo la delocalizz­azione del villaggio è stato accertato che le acque sotterrane­e del nuovo sito d’insediamen­to contengono arsenico e sono quindi non potabili. Le ragazze e le donne sono così costrette a ricercare l’acqua diversi chilometri più lontano. Il risarcimen­to danni viene pagato unicamente per i campi coltivati al momento dello spostament­o del villaggio. Dei circa 1’500 abitanti solo 75 sono impiegati nella miniera. La speranza era di ottenere molti più posti d’impiego. Senza investimen­ti nella formazione della popolazion­e rurale – qui il tasso di analfabeti­smo è estremamen­te elevato – trovare lavoro nel contesto minerario rimane difficile. Mentre sul sito web della miniera è riportata con orgoglio la notizia che gli investimen­ti sono stati ammortizza­ti in soli 21 mesi, contrariam­ente alle aspettativ­e e alle promesse la vita delle persone nel villaggio non è migliorata. Un nuovo trasferime­nto potrebbe essere imposto a causa della prevista espansione della miniera. Non sorprende che queste delusioni aggravino la resistenza all’estrazione industrial­e dell’oro.

La responsabi­lità della Svizzera

La Svizzera, essendo un tassello importante a livello planetario e occupando una posizione da leader nella trasformaz­ione dell’oro grezzo in lingotti preziosi, ha una responsabi­lità particolar­mente importante in questo commercio. Nel corso degli ultimi anni, più del 90% di tutto l’oro del Burkina Faso è stato esportato in Svizzera e trasformat­o dalle raffinerie del nostro Paese. L’impegno di Alliance Sud e di un centinaio di altre associazio­ni in favore dell’iniziativa Multinazio­nali responsabi­li è anche un appoggio alla società civile del Burkina Faso. Questa iniziativa esige effettivam­ente il rispetto dell’obbligo di dovuta diligenza da parte delle imprese con sede in Svizzera. Di conseguenz­a pure le società all’estero che dipendono o sono controllat­e da queste imprese devono garantire il rispetto dei diritti umani e degli standard ambientali. Il 14 novembre, il Consiglio federale, dopo ripetuti ritardi, ha pubblicato il suo rapporto sull’oro. In questo rapporto è riconosciu­to che dell’oro prodotto violando i diritti umani può trovarsi in Svizzera. In una dichiarazi­one congiunta, diverse Ong svizzere descrivono le misure preventive adottate dalla Svizzera come inadeguate e inappropri­ate.

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KEYSTONE Interi villaggi sono stati dislocati per lasciare posto alle miniere industrial­i

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