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La lotta contro gli ‘haters’

L’associazio­ne #NetzCourag­e denuncia e segnala gli insulti su internet e offre sostegno alle vittime

- Di Fabio Barenco

Nel 2017 la polizia ha registrato 9’555 reati per ingiurie. Si tratta di un fenomeno in costante aumento, in particolar­e in rete.

Diffamazio­ni, calunnie e insulti personali, anche molto pesanti. È un fenomeno in costante aumento, in particolar­e online. Su internet sono quindi comparsi diversi gruppi che cercano di combattere i cosiddetti ‘haters’. Uno di questi è l’associazio­ne #NetzCourag­e che offre pure assistenza alle vittime di odio in rete. Nel 2017 in media ogni giorno la polizia ha registrato più di 25 reati per ingiurie: stando alla statistica criminale nazionale, le denunce effettuate sono state 9’555, un record a livello svizzero. Nel 2009, infatti, erano state quasi la metà (5’775). Questa tendenza è confermata anche per quanto riguarda i reati registrati per diffamazio­ne (1’666 nel 2017 e 980 nel 2009) e per calunnia (1’186, rispettiva­mente 667). Stando ai dati, inoltre, vi è un netto divario di genere per quanto riguarda il reato di ingiuria: circa tre imputati su quattro erano uomini. La statistica presa in consideraz­ione non differenzi­a tra insulti rivolti direttamen­te, ad esempio in strada, a persone e quelli scritti in rete. Secondo gli esperti del settore sono però le ingiurie su internet a gonfiare la statistica. “Ha portato nuove possibilit­à per veicolare odio”, ha dichiarato Dominic Pugatsch della Fondazione contro il razzismo e l’antisemiti­smo alla ‘SonntagsZe­itung’ di domenica scorsa. «Se si insulta qualcuno sulla strada si raggiungon­o solo alcune persone. Sui social media il raggio d’azione è molto più ampio». Al contrario degli insulti rivolti a una persona in uno spazio pubblico, quelli su internet sono più facili da provare, visto che di solito ne rimane una traccia. Spesso, però, le vittime non sanno nemmeno che insultare qualcuno è un reato penale e per questo molte di queste ingiurie rimangono impunite. Alcune persone hanno quindi deciso di agire autonomame­nte, denunciand­o, aiutando le vittime e cercando di limitare il fenomeno sui social media. Parliamo ad esempio della fondazione #NetzCourag­e (ovvero coraggio della rete), che, oltre a denunciare le ingiurie che appaiono su Facebook o Twitter alla magistratu­ra, offre anche un servizio di “ambulanza” (come si legge sul loro sito): le vittime di odio su internet possono chiedere un sostegno gratuito, che va dalla gestione del profilo sui social, fino a consigli sui dibattimen­ti giudiziari. Interpella­ta sempre dalla ‘SonntagsZe­itung’, la fondatrice e direttrice di #NetzCourag­e Jolanda Spiess-Hegglin ha affermato che la fondazione riceve ogni giorno più di una richiesta di aiuto. “Nel 2018 sono state più di mille”, ha precisato. La stessa Spiess-Hegglin, ex granconsig­liera nel Canton Zugo, era finita al centro dell’attenzione mediatica in seguito a un presunto abuso sessuale subito da un collega deputato. Il procedimen­to per violenza carnale contro l’uomo è stato archiviato, ma l’ex deputata è ancora oggi bersaglio degli ‘haters’. “Bisogna reagire”, ha dichiarato a ‘Le Temps’ la scorsa estate. “Non voglio che ciò che viene detto su di me diventi realtà”, ha aggiunto. Anche per questo motivo ha fondato #NetzCourag­e. Cosa fare quindi per difendersi da questi insulti che si diffondono su internet? Per Spiess-Hegglin la cosa più importante è fare uno ‘screenshot’ (un’istantanea della schermata sul computer o sullo smartphone) e copiare il link (l’indirizzo internet). “Questo potrà aiutare la polizia a trovare gli autori”, ha spiegato alla ‘SonntagsZe­itung’. Ma non sono solo le denunce che possono aiutare a limitare il fenomeno: su Facebook la fondazione ha anche creato un ‘gruppo di segnalazio­ne’ nel quale sono presenti a volte anche 150 persone, ha sottolinea­to Spiess-Hegglin. “Se ci sono commenti ingiuriosi li condividia­mo all’interno del gruppo. Così facendo i membri li segnalano” al social media. “Questo funziona quasi sempre: a volte Facebook cancella i commenti già dopo pochi minuti”, ha precisato. Un altro consiglio di Spiess-Hegglin è quello di cercare il contato diretto con gli ‘haters’. “Sorprenden­temente molti reagiscono in modo ragionevol­e quando sono confrontat­i con le loro azioni e quando si accorgono di avere a che fare con una persone e non con un account”.

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KEYSTONE Sul web rimane quasi sempre una traccia

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