laRegione

Imprese euroscetti­che

Le aziende svizzere si attendono ancora instabilit­à valutarie in Europa

- Di Generoso Chiaradonn­a

Secondo l’annuale sondaggio sui corsi di cambio realizzato dal Credit Suisse, chi esporta teme un’ulteriore debolezza della moneta unica

Il tasso di cambio tra franco ed euro è sempre al centro dell’attenzione delle imprese svizzere, soprattutt­o di quelle votate all’export. Nei primi mesi dello scorso anno le prospettiv­e ottimistic­he di normalizza­zione della politica monetaria da parte della Banca centrale europea (Bce), con la spinta di una crescita economica tutto sommato positiva nell’area euro, avevano favorito un sensibile apprezzame­nto dell’euro nei confronti del franco svizzero. Lo scorso 19 aprile, per esempio, il corso eurofranco è tornato oltre l’1,20 per la prima volta dopo tre anni (in pratica dall’eliminazio­ne della soglia da parte della Banca nazionale svizzera del 15 gennaio 2015, ndr). Per qualche mese le imprese svizzere orientate all’export hanno potuto riprendere fiato. Una tendenza che si è arrestata – stando all’ultimo sondaggio sulle divise pubblicato dal Credit Suisse – con l’aumentata incertezza politica in Italia. Un fattore che ha provocato ancora una volta una fuga verso il franco, considerat­o un porto sicuro quando altrove la situazione economica volge al brutto tempo. In pochi mesi il corso euro-franco è sceso del 5% (ieri quotava 1,12 franchi per un euro). E proprio tenendo conto di quanto avvenuto negli ultimi mesi in Europa, le prospettiv­e della maggior parte delle circa 760 aziende sentite dal Credit Suisse (da ditte individual­i con poche centinaia di migliaia di franchi di fatturato l’anno, a gruppi con oltre mille dipendenti e fatturato da oltre un miliardo, ndr) non sono così rosee. Se il 58% degli interpella­ti ritiene che la crescita economica in Svizzera per il 2019 si manterrà analoga a quella dello scorso anno, un terzo (il 32%) prevede più un rallentame­nto che un’accelerazi­one. Una valutazion­e che è in linea con quanto prefigurat­o dagli economisti del Credit Suisse. Visione che diverge se lo sguardo è rivolto all’Eurozona dove le aziende svizzere non prevedono una forte ripresa e pertanto nemmeno un rafforzame­nto dell’euro. Per la fine del 2019 si aspettano in media un corso di cambio di 1,15, mentre la previsione del Credit Suisse è di 1,20. Per il cambio dollaro-franco e sterlinafr­anco le attese delle aziende interpella­te sono rispettiva­mente di 0,99 e 1,26. Gli economisti della seconda banca svizzera sono più ottimisti immaginand­o un tasso di cambio di un franco per un dollaro e 1,40 franchi per una sterlina. Il rischio più rilevante al di fuori della politica monetaria viene quindi individuat­o nel debito italiano. Un impatto minore viene invece attribuito alle trattative in corso sulla Brexit e al rallentame­nto della crescita che si va delineando in Cina. Da questo punto di vista gli esperti del Credit Suisse sono più pacati. “Le turbolenze politiche in Europa si placherann­o. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea (Ue), in presenza di un adeguato accordo non dovrebbe avere gravi conseguenz­e per entrambe le parti”, si legge nello studio. Relativizz­ati anche i movimenti politici populisti, almeno in Germania. Per quanto riguarda le controvers­ie tra Italia e Ue, si troverà un compromess­o sul deficit pubblico italiano confermand­o al tempo stesso la permanenza dell’Italia nella moneta unica.

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TI-PRESS La sfida è sempre quella: competere nonostante i costi elevati

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