Che due globi d’oro
Ai Golden Globes vincono, in una serata all’insegna dell’inclusività, ‘Bohemian Rhapsody’ e ‘Green Book’
Cerimonia all’insegna della diversità, ma meno battagliera e meno politica dello scorso anno, quando il movimento MeToo e il discorso presidenziale di Oprah Winfrey monopolizzarono l’attenzione
“I’m sorry”. I Golden Globes 2019 stanno forse tutti qua, nelle scuse di Emma Stone per ‘Sotto il cielo delle Hawaii’. Scuse arrivate non perché il film di Cameron Crowe del 2015 sia stato sostanzialmente un fallimento (di critica e di pubblico), ma perché Allison Ng, il personaggio interpretato da Stone, è per un quarto cinese e per un quarto hawaiana. Uno dei tanti casi di whitewashing: dare ad attori bianchi ruoli di altre etnie. Così quando la conduttrice della serata Sandra Oh – l’attrice di origine coreana nota per essere stata Cristina Yang in ‘Grey’s Anatomy’ – ha presentato il film ‘Crazy Rich Asians’ (che ha davvero interpreti asiatici) ironizzando su ‘Sotto il cielo delle Hawaii’ e su ‘Ghost in the Shell’, dal pubblico Emma Stone ha urlato le sue scuse. Già, perché se l’anno scorso a tenere banco erano le rivendicazioni di MeToo e TimesUp, quest’anno la cerimonia è stata molto meno battagliera. Come a dire: l’anno scorso s’è battagliato, adesso è ora di ricostruire insieme. Vedi il Golden Globe alla carriera, intitolato a Cecil B. DeMille: l’anno scorso abbiamo avuto il discorso fortemente politico di Oprah Winfrey – con tanto di voci su una sua possibile candidatura alle prossime presidenziali statunitensi –; quest’anno avevamo un gigionesco Jeff Bridges che non a caso si è identificato col Drugo di ‘Il grande Lebowski’. Tra l’altro è stato introdotto un secondo premio alla carriera – televisiva e non cinematografica. Lo ha ottenuto la popolare autrice Carol Burnett, a cui il premio sarà intitolato in futuro. Il risultato, secondo diversi giornalisti, è stata una serata sottotono: più rassicurante che divertente. E se i Golden Globes – premi assegnati poche setti- mane prima degli Oscar dall’associazione che riunisce i giornalisti stranieri a Los Angeles – sono tradizionalmente considerati l’anticipazione degli Academy Awards, filerà tutto liscio anche il prossimo 24 febbraio, quando al Dolby Theatre si terrà la cerimonia della 91ª edizione. Ammesso che si trovi un presentatore: il comico Kevin Hart ha rinunciato dopo le polemiche per alcuni suoi commenti omofobi e al momento non è ancora stato annunciato un sostituto. Tornando ai Golden Globes, l’inclusione ha dominato non solo la cerimonia, ma anche i premi. Come quello vinto dalla stessa Sandra Oh per la serie tv ‘Killing Eve’, a Mahershala Ali, migliore attore non protagonista in ‘Green Book’ e a Regina King premiata per ‘Se la strada potesse parlare’. King ha fatto uno dei pochi discorsi con un po’ di politico della serata, promettendo di produrre nei prossimi due anni solo progetti con il 50 per cento di donne tra cast e troupe. L’altro discorso importante è arrivato dall’accettazione del premio del regista di ‘The Green Book’, Peter Farrelly, che ha raccontato nel film la storia di un musicista nero (Don Shirley) che non poteva esprimere la sua musica per via del colore della sua pelle e di un italo-americano la cui integrazione negli Stati Uniti degli anni Sessanta non è stata tanto più facile. “Temi ancora oggi presenti nella nostra società – ha detto il regista –, ecco perché certe storie sono ancora così importanti”. Guizzo della serata, Christian Bale che per il film ‘Vice’ di Adam McKay si è completamente trasformato, fisicamente (grazie a una dieta ipercalorica che gli ha fatto guadagnare 30 chili) ma anche psicologicamente, nella controversa figura di Dick Cheney, potente vicepresidente di George W. Bush. Nell’accettare il Golden Globe per il migliore attore protagonista di un film comedy (unico premio vinto da ‘Vice’), l’attore ha ringraziato niente meno che il diavolo: “Grazie Satana per avermi dato l’ispirazione per interpretare questo ruolo”.