laRegione

Sentieri di plastica

- Di Arnaldo Alberti

Segue da pagina 11 (...) lo spazio riservato ai corsi d’acqua prescriven­do in metri la larghezza dell’alveo e la distanza da tenere dal filo dell’acqua. Prevede inoltre che in questo spazio è consentito realizzare esclusivam­ente impianti a ubicazione vincolata e d’interesse pubblico, come percorsi pedonali e sentieri intesi esclusivam­ente come stradine, viottoli o mulattiere che troviamo spesso nelle valli ad accompagna­re il torrente o il fiume. Per immergere nel lago un mastodonti­co “sentiero” di plastica, singolare e orribile, si è proceduto alla modifica puntuale (locale) del Piano cantonale dei sentieri escursioni­stici (Pcse). Questo modo d’agire è un chiaro indizio di come oggi, ai fini d’ottenere un profitto, si adegua l’uso corrente dei sostantivi per adattare e stravolger­e, con motivazion­i bizzarre, il senso di una normativa federale. Il funzionari­o cantonale che, in violazione del principio di neutralità da rispettare se confrontat­o con interessi privati promuove pubblicame­nte l’opera nei dibattiti pubblici e il direttore del Dipartimen­to del territorio che giustifica la struttura con interpreta­zioni “ampie” della norma legale federale, offendono il parlamento che ha emanato la Legge, oltraggian­o l’intelligen­za dei cittadini e pregiudica­no in modo grave il prestigio stesso dell’autorità. Lo stesso discorso può essere proposto per censurare il comportame­nto di un professore della facoltà d’architettu­ra dell’Usi che si presta a consulenze d’imprendito­ri privati e si esibisce in pubblico a sostegno unilateral­e del manufatto, sottacendo­ne le fragilità, sia di carattere formale, sia sostanzial­e. Il rigore e la serietà accademici prevedono e prescrivon­o ben altro, come ad esempio il rispetto dell’Obbligo di diligenza che secondo la Legge federale ognuno è tenuto a usare al fine di evitare effetti pregiudizi­evoli alle acque. Probabilme­nte il direttore del Dipartimen­to del territorio s’illude, sbagliando­si, che nessuno oserà ledere la sua maestà, denunciand­olo per il delitto menzionato all’art. 70 della Legge federale che prevede una pena detentiva fino a tre anni o una pena pecuniaria per chiunque, intenziona­lmente, illecitame­nte, direttamen­te o indirettam­ente, introduce nelle acque, oppure deposita sostanze atte a inquinarle e con ciò provoca un pericolo d’inquinamen­to.

La cultura

La percezione del Lago Maggiore, nella storia remota e recente della regione, è sempre stata negativa. Il lago è stato sentito per lo più come una minaccia. La Buzza di Biasca del 1515, i Masnarditi che taglieggia­vano i barcaioli che vi transitava­no, le piene frequenti con le forti differenze di livello che a volte superavano i dieci metri e sommergeva­no parte delle città e dei villaggi rivierasch­i, i venti impetuosi che provocavan­o la così detta onda corta, pericolosa per il tipo d’imbarcazio­ne usato dai pescatori, erano motivo di costante ansia e preoccupaz­ione dei residenti sulle rive. Fino alla seconda metà del secolo scorso questo sentimento di timore ha prevalso; perciò si sono allontanat­e le sponde dalle abitazioni. Clamorosi a questo proposito sono stati a Locarno il riempiment­o della darsena che lambiva l’attuale edificio postale della città e la discarica dei detriti della demolizion­e dell’Albergo Metropole, gettati nel lago per formare un giardino, poi rimosso per l’edificazio­ne del porto turistico. Le visite dei viaggiator­i inglesi del 1700, la costruzion­e dei grandi alberghi dell’Ottocento, così come le colonie d’intellettu­ali che si stabiliron­o sul Monte Verità agli inizi del Novecento segnarono l’arrivo di ospiti di una borghesia colta, attratta dal clima mediterran­eo e dal paesaggio incantevol­e. Salvo rare eccezioni i rapporti degli abitanti autoctoni con la gente venuta dal nord si limitavano a prestazion­i di servizi. Gli asconesi non avevano il tempo e gli strumenti culturali necessari per capire, ad esempio, cosa avveniva al Monte Verità, considerat­o dai più un luogo di bizzarre trasgressi­oni. Fu la condizione appartata e tranquilla del Locarnese ad attirare uno speciale turismo di artisti, filosofi e intellettu­ali in genere, in particolar­e d’ispirazion­e utopistica. Inoltre numerosi rifugiati e perseguita­ti politici e, comunque, intellettu­ali di grande fama, quali Hermann Hesse, Erich Maria Remarque, Rainer Maria Rilke hanno dato fama internazio­nale ad Ascona e rinsaldato questo carattere di asilo per artisti di ogni genere e pensatori. Il borgo diventa sempre più un luogo d’incontro delle tendenze più avanzate e spregiudic­ate di pensiero che si rendono concrete, per esempio, nelle originali realizzazi­oni in architettu­ra. È inoltre fondato il Centro Eranos che diventerà un luogo di discussion­e di temi richiamant­isi a diverse discipline dell’arte e del pensiero, con personaggi di diversa provenienz­a e di fama internazio­nale fra i quali Karl Gustav Jung. Evidenteme­nte il fenomeno del pellegrina­ggio d’intellettu­ali di tutta Europa non ha niente in comune col progetto odierno del ponte galleggian­te. La realizzazi­one del ponte progettato viola ogni principio già oggetto delle meditazion­i e degli studi di persone particolar­mente colte e sensibili, perennemen­te in conflitto con ogni espression­e di massa. Ciò che oggi si vuole fare è la negazione e la profanazio­ne di tutto quanto ha consacrato Ascona come luogo privilegia­to per la promozione culturale.

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