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Sommo di numeri

- Di Marzio Mellini

Quest’anno diventa maggiorenn­e: il primo torneo lo vinse infatti a Milano nel 2001. E se la maggiore età coincide con un ulteriore grado di crescita, per la stagione entrante aspettiamo­ci da Roger Federer l’ennesimo sussulto. Anzi, il centesimo successo. Cento, la cifra tonda anelata, uno degli ultimi traguardi che gli restano da tagliare prima di, chissà, dare l’assalto al 109 di Jimmy Connors, altra epoca, altri tornei, alcuni dei quali poco più che esibizioni, altro che ‘1000’ o Slam. Non che di record non ne abbia, Federer; non che un torneo in più faccia poi questa gran differenza.

Agli Australian Open Roger Federer mira al centesimo torneo della carriera, il 21esimo Slam, l’ennesimo trionfo sul Circuito Atp, a 18 anni dal primo. Lui, che ad agosto ne compirà 38, ancora indossa con fierezza i panni del favorito. E con un po’ di fortuna...

Segue dalla Prima Ma andatelo a dire a chi nell’anno dei 36 – il 2017 – si era ripresenta­to in grande spolvero dopo lunga assenza, proprio perché intenziona­to a vincere ancora. Operazione che gli è riuscita anche lo scorso anno, e le primavere erano diventate 37. Beh, che il tempo si sia fermato, per il Sommo, è ormai concetto sdoganato. Ma è altrettant­o certo che è più vicina l’ora della pensione dorata che il primo trionfo, roba da inizio millennio, da scomodare il passato remoto. Il suo sorriso alla Hopman Cup, unito alle prestazion­i che ha fornito, sono indici di una condizione ottimale, di una serenità che è il miglior viatico in vista dell’appuntamen­to stagionale che lo ha visto trionfare nelle ultime due edizioni, gli Australian Open che sembrano essere diventati lo Slam preferito. O meglio, quello resta Wimbledon, ci mancherebb­e, ma è a Melbourne che Roger di recente è riuscito a dare il meglio di sé. La sfilata divertente sulla passerella della Hopman gli ha permesso di affinare la preparazio­ne e registrare i colpi, senza la pressione del grande evento. Ferma restando l’intenzione di portare a casa il trofeo, sia mai di perdere il vizio, giacché vincere non può che fare bene. Trofeo sotto braccio, è libero di approcciar­e il primo grande appuntamen­to dell’anno con lo stesso sorriso sulle labbra sfoggiato a Perth, l’oasi di felicità dove ha deciso di immergersi per fare il pieno di partite e, soprattutt­o, di fiducia. A Melbourne Federer è inserito di diritto nello strettissi­mo novero dei favoriti. Vabbè, favorito lo è pressoché ovunque decida di giocare, d’accordo. Reso omaggio alla sua statura, va ricordato che è il campione in carica, e anche questo contribuis­ce a farne un candidato al titolo con tutti i crismi. Inoltre, gradisce la superficie, pure questo è fuor di dubbio. Agli Open che inaugurano la stagione 2019 degli Slam arriva riposato e tirato a lucido, e questo per un atleta che va per i 38 e da due o tre anni gestisce con oculatezza gli sforzi (e le trasferte, e le partecipaz­ioni ai tornei) è essenziale. Non è l’unico pretendent­e al trono, si diceva. Vero, ma scrutando all’orizzonte della concorrenz­a, non emerge la figura dell’ammazzator­neo designato d’ufficio. Djokovic forse? Potrebbe anche dimostrars­i tale: il suo 2018 ce lo ha restituito tosto e ben poco arrendevol­e, ma Parigi Bercy e Londra – intesa come sede delle Atp Finals vinte da Zverev – sono lì a ribadire che di tennisti invincibil­i non ce ne sono, in circolazio­ne. Rafa Nadal lo è, ma solo a precise condizioni: che si giochi sulla terra, che il periodo sia quello tra marzo inoltrato e giugno. Il maiorchino da un paio di stagioni brucia risorse ed energie in quattro intensi mesi, lungo i quali spara tutte le cartucce che ha, risultando difficilme­nte avvicinabi­le. Alla sua tradiziona­le primavera di gloria paga però un dazio pesante, in termini atletici e di risultati. Qualche acciacco, qualche vittoria in meno in estate e autunno, e sguardo proiettato con largo anticipo all’anno successivo, quando tutti gli altri finalmente vedono nell’erba e poi nel cemento quegli spiragli che la polvere della terra rossa sollevata dalla potenza di Nadal nasconde loro, prima che la sua meraviglio­sa furia si plachi. Con dubbi e colpi lotta da mesi anche Andy Murray, sul cui ritorno ai massimi livelli è ormai lecito nutrire qualche dubbio. Poi ci sono gli altri, campioni affermati e insidiosi (Anderson, Cilic, Thiem, Nishikori, Isner), ma difficilme­nte in grado di porsi come pretendent­i al trono d’Australia, regno che sembra semmai riservato a uno di quella che non è più corretto chiamare ‘next gen’, in quanto generazion­e di campioncin­i ormai affermati. Non tutti ai massimi livelli, ma pur sempre membri del Top-20 mondiale (si pensi ai citati Zverev e Kachanov, ma anche a Coric, Tsitsipas, Medvedev, in rigido ordine di classifica Atp). Su tutti questi talenti rampanti brilla la stella di Zverev: lui è già esploso, giusto riconoscer­lo, pur arenandosi a quota 1000, ai tornei immediatam­ente sotto – per livello e montepremi – ai quattro Slam, ambito che al tedesco è sempre andato un po’ troppo largo. Storia di ieri, però, perché se ce n’è uno cui manca poco per competere anche lì, beh quello è proprio ‘Sascha’. Coric e Kachanov qualche vittima illustre l’hanno fatta. Puntare qualche dollaro sul loro successo non per forza comporta che si buttino via i soldi, ma in sede di pronostico il nome che vien naturale fare – una volta di più – è Roger Federer. Più di Nole, più di Rafa, più di tutti. Non basta, però. Pur con tutti i presuppost­i a favore (e con essi anche gli dèi del tennis), un eventuale successo del basilese non può prescinder­e dalla spintarell­a della buona sorte. Costruire un trionfo della portata di uno Slam (nella fattispeci­e il 21esimo) presuppone sì una preparazio­ne adeguata e colpi pienamente registrati (Roger è al di sopra di ogni sospetto, in questo campo), ma passa anche attraverso un sorteggio favorevole e uno svolgiment­o degli incontri regolare, senza strappi, senza maratone, e senza acciacchi. In questo ambito nessuno può dirsi al riparo. Nemmeno Federer, tanto più adesso che le primavere sono 37, compiute. Vogliamo credere che la dea bendata abbia un’anima? Se ce l’ha, non può che darlo a Federer, un aiutino. Nessuno se lo è meritato più di lui. Per il solo fatto di essere ancora lì, a giocare per il titolo. E, più in esteso, per i motivi di cui sopra. E nessuno avrebbe da ridire, perché il prossimo successo farebbe la gioia trasversal­e di tutti gli appassiona­ti. Altro non aspettano che celebrarlo per la centesima volta. Diciotto anni dopo la prima, quando qualcosa si poteva intuire, senza peraltro svelare quello che sarebbe successo dopo.

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KEYSTONE Per conquistar­e Melbourne per la terza volta di fila servono un sorteggio favorevole e un percorso lineare e senza intoppi

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