laRegione

Non c’è crescita senza conoscenza

Società aperta e formazione due requisiti irrinuncia­bili

- Di Glauco Martinetti, presidente Cc-Ti

Nell’economia e nella società si moltiplica­no ogni giorno le attività gestite dagli algoritmi. Viviamo ormai immersi in un ecosistema di “intelligen­za ambientale”. Nelle fabbriche di oggi e di domani – notava un attento osservator­e delle trasformaz­ioni del mondo del lavoro – si lavorerà sempre più con la mente e non con il corpo come avveniva nelle industrie del Novecento. È il grande salto tecnologic­o dell’economia digitale che ha la sua materia prima nella conoscenza, in un sistema produttivo che si va riconfigur­ando sulla cooperazio­ne tra uomo e macchine e sull’interconne­ssione di una miriade di dispositiv­i informatic­i. Un cambiament­o radicale su cui come Cc-Ti lavoriamo da tempo per sostenere le nostre imprese in un passaggio decisivo per la loro crescita. È dalla conoscenza che nasce l’innovazion­e economica e sociale, dunque il progresso di tutta la società. Paul Romer, Nobel per l’economia nel 2018, ricorda che a differenza dei tradiziona­li fattori della produzione, capitale e lavoro, la conoscenza è un bene che si può utilizzare e condivider­e senza che si consumi, che si può, anzi, sempre potenziare a livello individual­e. Ma la creazione e la diffusione della conoscenza dipendono da due requisiti irrinuncia­bili: una formazione adeguata e una società aperta. Una formazione che, in ogni ordine e grado, trasmetta la consapevol­ezza che il sapere è un processo continuo in cui nulla è acquisito per sempre. Che incoraggi l’acquisizio­ne di nuove capacità cognitive e abilità digitali. Una formazione che prepari anche ad una diversa cultura del lavoro che oggi richiede più propositiv­ità e partecipaz­ione, flessibili­tà e polivalenz­a, più creatività e responsabi­lità. Altrettant­o importante è una società aperta, poiché la conoscenza non può sviluppars­i e diffonders­i in un sistema chiuso da barriere protezioni­stiche e ostacoli alla libera concorrenz­a. Solo una società che si apra ai flussi mondiali del sapere, allo scambio di esperienze, competenze e intelligen­ze alimenta la produzione di conoscenza. In fondo, non è sempre stato così?

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