‘Fiducia tradita’ per i vizi
L’ex contabile di Breggia è stato condannato a 18 mesi sospesi per aver sottratto 109mila franchi Il 64enne, che sta risarcendo il Comune, è stato riconosciuto colpevole di truffa aggravata e ripetuta falsità in documenti
«Ho fatto una cavolata alla soglia della pensione. Mi dispiace tantissimo». A pronunciare le parole, ieri davanti alla Corte delle Assise correzionali di Mendrisio, è stato l’ex contabile del Comune di Breggia. L’uomo, un 64enne, ha sottratto alle casse dell’Azienda acqua potabile di cui si occupava e della quale ha falsificato i bilanci, 109mila franchi, utilizzati per scopi personali. Confermando l’atto d’accusa della procuratrice pubblica Fiorenza Bergomi, la Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani ha riconosciuto l’ex contabile colpevole di truffa aggravata e ripetuta falsità in documenti e lo ha condannato a 18 mesi (sospesi per due anni). Un’azione commessa «per mestiere – ha motivato il giudice –. I redditi conseguiti hanno richiesto impegno e le azioni sono avvenute con frequenza sistematica per oltre un anno e mezzo». Un’azione che ha portato la Corte a stabilire una colpa oggettiva «almeno media perché l’azione è stata ripetuta anche se gli importi non sono stati particolarmente elevati». Dal profilo soggettivo la colpa del 64enne è invece stata definita «grave, perché ha tradito la fiducia dei suoi datori di lavoro, persone che lo ritenevano onesto, e dei cittadini». Anche la destinazione del denaro «non è stata buona». La somma è infatti stata usata «per vizi e uno standard di vita molto al di sopra delle sue possibilità e non solo a causa della crisi coniugale». A favore dell’imputato, la Corte ha riconosciuto il «buon comportamento processuale, l’assunzione di responsabilità e la disponibilità a risarcire». Per il momento la somma resa al Comune di Breggia, rappresentato dall’avvocato Stefano Ferrari, è di circa 13mila franchi.
‘I soldi non bastavano mai’
Le malversazioni sono state scoperte nel settembre 2017 a seguito di un controllo, poi diventato denuncia, del Comune a seguito delle dimissioni dell’imputato, il quale si sarebbe voluto dedicare alla ristorazione. Pochi giorni dopo l’arresto e la confessione. «È stata una liberazione, perché non c’ero proprio più», ha ricordato. Il primo prelievo illecito è stato effettuato alla vigilia di Natale del 2015, l’ultimo il 18 maggio 2017. «Avevo scoperto che mia moglie aveva un’altra persona e ho pensato di prelevare qualcosa per andare a sfogarmi da qualche parte». A questo primo prelievo, di 5’120 franchi, ne è seguito uno di 34mila franchi quattro mesi dopo per «pagare delle fatture. Frequentando casinò e locali notturni, i soldi non bastavano mai». L’attività illecita è avvenuta in almeno 9 occasioni per un anno e mezzo. Un comportamento che il giudi-
ce ha definito «triste» considerato il rapporto di fiducia tra l’imputato e i suoi datori di lavoro. «Era talmente apprezzato che se diceva di avere bisogno di liquidità le concedevano degli anticipi. Questo tradimento è grave: lei non era uno qualunque, ma una persona di cui in un piccolo comune ci si fidava».
Per la difesa non c’è mestiere
Nella sua requisitoria, la procuratrice pubblica Fiorenza Bergomi ha chiesto una condanna a 22 mesi sospesi evidenziando «l’azione minuziosa ai danni di un ente pubblico suo datore di lavoro». L’avvocato Massimiliano Parli si è invece battuto per una condanna non superiore ai 18 mesi sospesi. Sottolineando il «grosso, grosso sbaglio» del 64enne, il legale ha contestato l’aggravante del mestiere. «Se da un lato è pacifico che la somma ha contribuito ai suoi bisogni, dall’altro il numero e la frequenza non giustificano l’aggravante».