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Un lago di plastica

Microplast­iche, il Ceresio è il terzo bacino naturale più inquinato in Svizzera

- di Dino Stevanovic

Le concentraz­ioni sono di poco inferiori a quelle di Verbano e Lemano. Intanto l’Ue dichiara guerra agli oggetti monouso

Le concentraz­ioni sono di 213’500 elementi per km2: poco meno dei 220’000 del lago Maggiore. Risultati poco lusinghier­i, presentati ieri dal Dipartimen­to del territorio.

Inquinato quasi quanto i laghi Maggiore e Lemano, ossia quelli con i valori più elevati fra i monitorati. Con 213’500 microplast­iche per chilometro quadrato, il Ceresio non esce bene dallo studio effettuato dal Dipartimen­to del territorio (Dt), conseguent­e a un’analisi simile presentata nel 2014 dall’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) su alcuni dei principali bacini d’acqua dolce svizzeri. Quest’ultimo aveva evidenziat­o che anche i laghi – come già notoriamen­te i mari – soffrono di questa problemati­ca, e che questo vale anche per la Svizzera. Il quadro è composito (cfr. infografic­a): le concentraz­ioni sono maggiori nei laghi romandi e ticinesi e inferiori in quelli svizzerote­deschi, mentre la media è di circa 100’000 elementi per chilometro quadrato. Il lago di Lugano presenta pertanto valori circa doppi a questo punto di riferiment­o e di poco inferiori alle due maglie nere (entrambe a 220’000). I rilevament­i sono stati effettuati a marzo e maggio dell’anno scorso, in seguito anche ad atti parlamenta­ri inoltrati dal Gran Consiglio (primo firmatario: Tiziano Galeazzi). Dodici campioni raccolti in parte nel ramo a nord-est del Ceresio (zona Gandria) e parzialmen­te nella zona a sud-ovest (vicino a Figino). «È stato effettuato un gran lavoro: di ricerca anche microscopi­ca, di classifica­zione e catalogazi­one» ha precisato il capo dell’Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo, Nicola Solcà. Grazie allo stesso metodo utilizzato dall’Ufam – che a sua volta commission­ò lo studio al Politecnic­o losannese – è stata raccolta una gran quantità di macro e microplast­iche. Queste ultime per definizion­e sono materiale plastico più piccolo di cinque millimetri.

La stragrande maggioranz­a sono frammenti di pezzi più grandi; la composizio­ne è simile a quanto rilevato nel mar Mediterran­eo

La stragrande maggioranz­a di questi – l’80% circa – sono frammenti: pezzi che derivano da oggetti più grandi spezzatisi a causa degli agenti atmosferic­i, come il vento o la pioggia. Al secondo e terzo posto ci sono rispettiva­mente le fibre tessili (8%) e i cosiddetti film (5%), ossia frammenti plastici molto fini. Seguono con percentual­i minori fili, biglie, granuli, mousse e altre sostanze contenenti plastica. Una composizio­ne analoga a quelle riscontrat­e dalle perlustraz­ioni effettuate ad esempio nel mar Mediterran­eo. «Lo studio rappresent­a uno strumento molto utile per la ricerca – ha sottolinea­to Solcà –, in quanto si tratta di un ambito nuovo, di recente interesse. Vi sono però anche dei limiti: è stato analizzato soltanto quel che galleggia in superficie e a causa della rete di campioname­nto utilizzata non sono stati raccolti materiali inferiori ai 0,3 millimetri».

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE Rilevament­i effettuati a nord-est (Gandria) e sud-ovest (Figino)

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