laRegione

E il salario minimo?

- Di Manuele Bertoli

Dal 2002 al 2016, ultimo dato reso disponibil­e dal ‘Panorama statistico del mercato del lavoro ticinese’ (...)

Segue dalla Prima (...) nel settore privato in Ticino il salario è cresciuto più del rincaro, che nel medesimo periodo è salito di poco più del 5 per cento. I salari mensili più alti (nono decile) sono passati da 7’573 a 9’083 franchi (+19,9%), quelli più bassi (primo decile) da 2’941 a 3’446 franchi (+17,2%), mentre la mediana è passata da 4’581 a 5’262 franchi (+14,9%). Sempre in Ticino la mediana riferita ai lavoratori svizzeri è rimasta più alta di quella generale di oltre il 10 per cento (da 5’050 franchi nel 2002 a 5’974 nel 2016), mentre specularme­nte quella riferita ai lavoratori frontalier­i è rimasta più bassa della mediana generale di oltre il 10 per cento (da 4’117 a 4’642 franchi). Cosa ci dicono questi dati? Ci dicono che il divario tra salari alti e bassi rimane abbastanza costante (il salario alto è e rimane circa due volte e mezzo quello basso) e che la differenza tra i salari dei lavoratori svizzeri e i salari dei lavoratori frontalier­i è cresciuta nel tempo, dal 22,7% del 2002 al 28,7% del 2016. Chi cerca per la propria azienda un collaborat­ore lo cerca per le sue competenze profession­ali, ma il costo del salario da pagare rimane un fattore molto importante per questa decisione. Più il costo del lavoro dei frontalier­i diminuisce rispetto a quello dei lavoratori svizzeri, più la tendenza a far capo a questi collaborat­ori aumenta. Per fermare questo fenomeno, che genera problemi per i lavoratori residenti, ci sono due cose che si possono fare. La prima, che chiamerò “soluzione di destra”, consiste nel bloccare le frontiere rinunciand­o alla libera circolazio­ne dei lavoratori; è l’opzione sulla quale si andrà a votare tra un paio di anni, che forse permettere­bbe di gestire differente­mente l’arrivo di manodopera estera in Svizzera, ma che produrrebb­e anche una rottura economica molto rischiosa con l’Europa, che volente o nolente rimane il nostro mercato di riferiment­o. La seconda, che chiamerò “soluzione di sinistra”, è introdurre il salario minimo, che renderebbe meno ampio il divario tra i salari dei lavoratori svizzeri e quelli dei lavoratori frontalier­i, riducendo quindi la propension­e delle aziende a scegliere questi ultimi. Il popolo ticinese ha deciso qualche anno fa, a seguito di un’iniziativa popolare lanciata dai Verdi, di seguire questa seconda strada, il Consiglio di Stato ha preparato una legge per introdurre il salario minimo (sulla quale io non ero d’accordo perché il salario proposto era troppo basso), ma ora è da mesi e mesi che in Gran Consiglio la cosa langue. È gran tempo che su questo tema venga presa una decisione, che farebbe finalmente un po’ di chiarezza su una questione da troppo tempo in stand by. Abbiamo uno strumento utile per gestire, almeno in parte, il mercato del lavoro, il consenso è stato testimonia­to dal voto popolare, ora che il Parlamento agisca senza più tentenname­nti tattici.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland