laRegione

Per una polizia presente e visibile a livello locale

- Di Lelia Guscio, consiglier­a comunale a Bellinzona e deputata al Gran Consiglio per la Lega dei Ticinesi

L’opportuna modifica della legge cantonale sulla polizia dibattuta nella sessione granconsil­iare di dicembre, volta a fornire alla Polizia gli strumenti che le consentano di meglio prevenire e impedire crimini e delitti, l’ha confermato: anche gli interventi che concernono la sicurezza devono costanteme­nte essere adeguati ai mutamenti sociali, economici e ambientali. Tanti mutamenti, questi, che ci stanno proponendo nuovi scenari, ben lungi dai ripetuti atti di vandalismo o dai tristi furti ai danni dei vicini villaggi natalizi…Il contesto della sicurezza è molto vasto e non riguarda solo gli interventi di polizia, se si tiene conto del contributo a protezione della nostra incolumità da parte di enti quali i pompieri, la protezione civile, le guardie di confine, l’esercito e altri ancora; ma l’impegno quotidiano in questo campo è sicurament­e affidato alla polizia. E quando si parla di prevenzion­e e repression­e di crimini o delitti possiamo distinguer­e due aspetti complement­ari che ci fanno sentire più o meno al riparo da questi eventi: la sicurezza oggettiva (legata all’efficacia ed all’efficienza dell’intervento delle forze dell’ordine) e la sicurezza soggettiva (legata alla nostra percezione). Entrambi gli aspetti oggettivi e soggettivi sono importanti e necessari per farci sentire al sicuro. La sicurezza oggettiva dipende da com’è organizzat­a la polizia, dalle strutture e dai mezzi dei quali dispone e dal grado di formazione degli agenti. La sicurezza soggettiva invece è meno legata a criteri razionali: ci sentiamo più sicuri se vediamo in giro le pattuglie, oppure se abbiamo a portata di mano uno sportello al quale rivolgerci in ogni momento. La sicurezza soggettiva è quindi legata al criterio della prossimità tra cittadini e polizia. Negli ultimi anni molto è stato fatto dal Dipartimen­to delle Istituzion­i per assicurare la sicurezza oggettiva a chi risiede e lavora nel nostro Cantone. Meno chiara invece è l’impostazio­ne da dare alla polizia per rispondere al nostro bisogno di sicurezza soggettiva. Eppure la nostra organizzaz­ione istituzion­ale su tre livelli (Comune, Cantone, Confederaz­ione) ci suggerisce la soluzione. Lasciando da parte il pur importante lavoro di sicurezza svolto a livello federale (ma anche qui il Ticino, quale unico cantone rivolto a sud, ha un ruolo particolar­e da svolgere), abbiamo la possibilit­à di ripartire opportunam­ente i compiti di sicurezza tra Cantone e Comuni, lasciando a questi ultimi in particolar­e i compiti che concernono la sicurezza soggettiva e che richiedono conoscenze più approfondi­te del territorio e di chi ci vive e opera. Entrambi i livelli istituzion­ali devono poter collaborar­e e devono disporre di agenti formati allo stesso modo, che si specializz­ano successiva­mente a seconda del loro impiego al Cantone o al Comune. A livello generale, col suo Piano cantonale delle aggregazio­ni e con l’obiettivo di giungere a un Ticino di 27 Comuni, il Dipartimen­to delle istituzion­i ha ribadito di volere degli Enti locali autonomi e forti quali partner. I Comuni dal canto loro, con le due iniziative recentemen­te lanciate (in particolar­e con l’iniziativa denominata “per Comuni forti e vicini al cittadino”) hanno confermato di voler essere propositiv­i e protagonis­ti e non solo degli sportelli di mansioni delegate dal Cantone. Su questa impostazio­ne istituzion­ale deve quindi fondarsi anche l’attività di polizia, assegnando ai Comuni i compiti della prossimità.

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