laRegione

‘Fab Four’ meno uno

Andy Murray annuncia il ritiro: la sua speranza è che succeda a Londra, ma non è escluso che Melbourne sia già il capolinea di una carriera straordina­ria. ‘Non sto bene’, spiega lo scozzese riferendos­i ai dolori all’anca che lo perseguita­no da anni e che

- Di Marzio Mellini

«Andy (Murray, ndr), non smettere di tentare, continua a lottare. Posso immaginare la tua sofferenza, la tua tristezza. Mi auguro che tu possa superarle. Meriti che sia tu stesso a determinar­e i termini del tuo ritiro, quando questo accadrà. Ti vogliamo bene, vogliamo vederti felice». Parole e sentimenti di Juan Martin Del Potro, nel cui tweet di solidariet­à all’indirizzo di un collega in difficoltà e prossimo al ritiro è racchiusa tutta la sensibilit­à di chi da quei sentimenti, da quello sconforto, è passato, riuscendo a uscirne, seppur dopo mille tribolazio­ni, fisiche e di ordine psicologic­o.

Segue dalla Prima Non sarà il caso per Murray, però, la cui resa è incondizio­nata, ancorché restino incerti i tempi. Per quanto nobile possa essere il bel gesto di ‘Delpo’, sofferenza e dolore hanno preso il sopravvent­o, nel corpo e nel cuore dello scozzese, costretto suo malgrado ad annunciare il ritiro, in lacrime. I guai all’anca che continuano a tormentarl­o e che lo avevano tenuto lontano dai campi un intero anno prima di un rientro mai veramente convincent­e, sono più forti della solidariet­à dei colleghi di un circuito che Andy ha profondame­nte segnato nell’ultimo decennio, a suon di risultati straordina­ri. A Melbourne – dove peraltro non ha mai vinto – forse calerà il sipario. Sempre a Melbourne fu operato all’anca. In quell’intervento ripose le ultime speranze di un recupero che gli parve impossibil­e nel giorno della semifinale del Roland

Garros nel 2017, persa contro Stan Wawrinka. «Non è cominciato tutto lì – ricorda lo scozzese –. Da anni ho male, ma da quella partita non mi sono mai più ripreso». Vorrebbe resistere fino a Wimbledon, casa sua, per un ultimo saluto del popolo del tennis britannico che ha atteso 77 anni prima che un suo beniamino vincesse ancora sulla mitica erba di Church Road (l’ultimo fu Fred Perry nel 1936), ma probabilme­nte soccomberà prima, preda del dolore che continua ad accusare, e dell’amor proprio che forse gli impedirà di accumulare sconfitte, da qui a giugno, solo per trascinars­i fino a Londra, in sofferenza. «La mia anca è seriamente danneggiat­a», ha spiegato. Una seconda operazione la sta prendendo in consideraz­ione, ma non per continuare a competere nel tennis di competizio­ne, bensì «per continuare a vivere senza avvertire dolore. Voi mi vedete sul campo, e si capisce che c’è qualcosa che non va. Ma anche le piccole azioni quotidiane sono una lotta. Allacciare le stringhe e mettere le calze, per esempio. Sarebbe bello tornare a farlo senza dolore». Avrà 32 anni il 15 maggio, come non capirlo? Lo sport sta per perdere un alfiere importante. Il tennis saluta uno dei cosiddetti ‘Fab 4’, la generazion­e di fenomeni che il tennis ha dominato e continua a dominare da oltre un decennio. Ha vinto meno di Federer, Nadal e Djokovic, ma al club esclusivo dei maghi della racchetta la sua iscrizione è giunta nei tempi giusti (dopo qualche tentativo infruttuos­o), e con le dovute credenzial­i, tanto da essere accettata senza riserve:

3 titoli Slam (Wimbledon 2013 e 2016, Us Open 2012), 14 ‘Master 1000’, 40 titoli Atp, 2 medaglie d’oro alle Olimpiadi (Londra 2012 e Rio 2016), la Coppa Davis consegnata alla Gran Bretagna nel 2015, 43 settimane da numero uno del mondo (da fine novembre 2016), tante appassiona­nti lotte contro i colleghi più illustri e titolati, più volte sconfitti. Basta e avanza per fare di Murray uno dei quattro moschettie­ri del tennis, ai quali ha osato approcciar­si negli anni scorsi il solo Stan Wawrinka, non fosse che perché quei fuoriclass­e li ha battuti tutti, e negli appuntamen­ti più importanti: si spiegano così i suoi tre Slam, impresa che nella storia della racchetta non è riuscita a molti. Non ce ne voglia il vodese, però, ma per continuità di rendimento e numero di titoli, la cerchia si limita a quattro attori, che presto si ridurranno a tre. Con Murray si defila un campione in una lotta con una personalit­à che sul campo si è tradotta spesso in siparietti e diverbi un tantino assurdi con il proprio ‘angolo’, in particolar modo con mamma Judy, valvola di sfogo per scatti d’ira che gli sono costati sconfitte altrimenti evitabili. Tradito troppe volte dai nervi, Murray si è però posto ai massimi livelli del tennis come atleta impeccabil­e dal punto di vista dell’impegno e della dedizione al lavoro. Un esempio di profession­alità che ha fatto del bene a un movimento in cui non tutti brillano per senso del dovere. Passi quindi per le sue stizze, anche un po’ buffe, se dietro a quella apparente irrequiete­zza – forse anche figlia della pressione che per anni

ha gravato sulle sue spalle di alfiere di un’isola in manco di titoli da celebrare, lui che è scozzese quando perde e diventa britannico quando vince – si cela un campione di applicazio­ne. Oltre che tennista di grande talento, forse troppo impostato sulla difensiva, per davvero riuscire a esprimere un tennis di cui nei primi anni si era dimostrato capace, con tocchi vellutati, una “smorzata” letale, e accelerazi­oni devastanti. Chissà, forse osando qualcosa in più sul piano tattico, lascerebbe un’impression­e diversa da quella del tennista da battaglia ancorato sulla linea di fondo campo, impegnato in sforzi immani per ottenere vittorie che ad altri sembrano invece promesse con meno fatica. Questioni di impostazio­ne, sulle quali si è chinato più di un tecnico, con risultati altalenant­i. Quanti bastano, però, per certificar­ne l’entrata nella storia di una disciplina che non può che salutarne con profondo rammarico la prematura pensione, che sia oggi o tra sei mesi poco cambia. In attesa di personaggi davvero credibili, in grado di competere allo stesso livello di chi a molti anni distanza dalle prime soddisfazi­oni ancora tira la carretta a suon di trionfi – con poche concession­i alla concorrenz­a che brilla solo per estemporan­eità – il tennis fa un passo indietro, e non può che dolersene. Il primo a farlo, però, è naturalmen­te Andy Murray, pazzerello, instabile ma anche uomo arguto e ironico. Di più: tennista fortissimo, sportivo esemplare, costretto a pagare un prezzo salatissim­o, in termini di salute, al suo modo di intendere il tennis.

 ?? INFOGRAFIC­A LAREGIONE ?? Travolto dalle emozioni al momento dell’annuncio
INFOGRAFIC­A LAREGIONE Travolto dalle emozioni al momento dell’annuncio

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland