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Calderari: ‘Chiudo con la politica e volto pagina’

Piermaria Calderari chiude il capitolo della politica. ‘Non fa più per me’

- di Daniela Carugati

Entrato (per la prima volta) in Municipio a Mendrisio nel 2013 (‘e non ero il più favorito’), l’8 gennaio ha chiuso dietro di sé il portone del Palazzo comunale. Ha lasciato senza un rammarico (ma qualche delusione) e con dei risultati. Uno su tutti il Piano direttore comunale (‘che ora andrà gestito bene’). Cosa sogna? ‘Una Città sana, in cui si possa crescere, con un paesaggio gradevole e vivibile’. Martedì è stata la sua ultima riunione di Municipio. Poche ore, poi per Piermaria Calderari si è chiuso il capitolo della politica attiva. «Perché quando si dice basta – puntualizz­a –, è basta». Eppure, per metabolizz­are questa decisione (quella di lasciare l’esecutivo di Mendrisio) ci vorrà del tempo. «Sono sicuro che quando passerò da Palazzo municipale di martedì, e mi capita, mi verrà naturale pensare che sino a qualche tempo fa, lì al tavolo delle sedute, c’ero anch’io». A richiamarl­o alla realtà è l’agenda che, come ci mostra, d’un tratto (e solo per ora) si è assottigli­ata. «Prima, in effetti, non avevo una giornata libera da impegni di Municipio, che scandivano, di fatto, i miei ritmi di vita, e senza possibilit­à di deroga». Ora Calderari passa il testimone alla collega di partito (il Ppd) Francesca Luisoni, che giusto lunedì si insedierà ufficialme­nte: prima donna nell’esecutivo della nuova Città.

Adesso, allora, si volta pagina?

È stato bello, ma ora torno a essere un cittadino a pieno titolo e potrò dedicarmi alla famiglia e al lavoro; i progetti per il futuro non mi mancano. Ad esempio riprenderò in mano le mie passioni umanistich­e. Mi sono già riservato tre serate per un corso sui codici miniati. Poi ci sono la cornamusa (amo la musica antica), i libri, la storia dell’architettu­ra, i miei impegni anche sociali e a favore della cultura.

Anche da municipale, però, ha avuto una passione, diciamolo: la Pianificaz­ione, che ha diretto con le Finanze. Ed è stata una sfida; vinta?

La pianificaz­ione è qualcosa di molto delicato. Non basta tracciare delle righe su una mappa. Devi avere il coraggio di portare avanti determinat­e proposte. Nella mia legislatur­a e mezzo da municipale non mi sono mai preoccupat­o di capire se favorivo o sfavorivo l’una o l’altra parte; ho cercato di avere come obiettivo il futuro della Città, immaginand­o uno sviluppo economico interessan­te e una crescita qualitativ­a sul piano paesaggist­ico.

L’essere un costruttor­e nella vita non l’ha influenzat­a?

Certo, vengo dal settore delle costruzion­i. Ma costruire non ha solo un significat­o fisico, anche ideale. Fa parte della mia formazione e del mio modo di essere, chi mi conosce lo sa. Non a caso sono sempre stato critico verso una impostazio­ne finanziari­a dell’economia, difendendo l’economia reale. Anche sul piano dei rapporti umani, per me è sempre stato importante relazionar­si e costruire qualcosa insieme, più dell’appartenen­za politica e partitica.

A proposito di ciò che si è ‘costruito’ a Mendrisio: un risultato di sicuro è stato mettere le basi per il Piano direttore comunale.

È stato un bellissimo lavoro. Il prossimo passo per il Municipio, e chi mi succederà al dicastero, sarà dare il mandato di accompagna­mento allo studio romando premiato dalla giuria (Lrs architecte­s e l’Atelier Descombes Rampini di Ginevra autore della proposta ‘Una Città in riva al fiume’, ndr). L’incarico indica già i punti essenziali di quanto elaborato e apre alla fase che definirà la vera e propria strategia territoria­le, che approderà poi davanti al legislativ­o.

Si riuscirà a cambiare il volto di Mendrisio e far passare il messaggio in Consiglio comunale? La pianificaz­ione è un tema che anima il confronto tra le forze politiche.

Lo scontro è tra chi vorrebbe salire sul Generoso e vedere solo verde, manifestan­do così le proprie sensibilit­à ambientali, e chi rende attenti sul fatto che dezonare ha un costo per le finanze comunali. Non è così semplice. È una questione di ponderazio­ne degli interessi: occorre cercare la soluzione ottimale, e non è facile. Si può cambiare qualcosa? Sì, è possibile apportare dei cambiament­i in determinat­e zone della Città. Certo ci vorrà una generazion­e intera, non sarà un processo immediato. Il Piano direttore darà modo di indicare la via: non muterà radicalmen­te il territorio, ma lo migliorerà dal profilo paesaggist­ico, naturalist­ico e della qualità della vita; e porterà altresì sensibili migliorame­nti a livello delle attività presenti e dell’attrattivi­tà della Città quale ‘luogo economico’. Questo strumento, però, dovrà essere gestito bene e seriamente (come si è gestito seriamente il Piano finanziari­o); e non finire in preda ai venti e agli umori. In questo modo diventerà davvero un punto di riferiment­o per ogni decisione presa all’interno del Comune, avendo ben presenti le conseguenz­e a livello di politica economica e finanziari­a.

Il dibattito consiliare più volte ha rilanciato il tema di un Piano regolatore unico per la Città (in particolar­e dai banchi dei Verdi): ci si arriverà?

Probabilme­nte il Piano direttore porterà a una armonizzaz­ione delle norme, dunque a un Piano regolatore unico. Quello odierno, però, è il passo che alimenterà una riflession­e sul futuro del territorio, permettend­o di lavorare e approfondi­re il dossier. Prima bisogna riflettere sul territorio, poi si parte con le norme. Ecco che il Piano direttore potrà esprimere una chiara indicazion­e sui nuclei dei quartieri e, partendo da piazza del Ponte, dire cosa dovranno diventare le altre varie piazze cittadine. Non trascuriam­o poi il fatto che Mendrisio dovrà misurarsi con un buon numero di Piani di utilizzazi­one cantonale (Puc). A Capolago con tutta probabilit­à la passeggiat­a a lago rientrerà in un Puc, il Monte Generoso già vi fa capo, quindi arriverà la pianificaz­ione cantonale su Valera (data per imminente, ndr), senza contare il San Giorgio, targato Unesco, per restare nei nostri confini. Il dialogo con il Cantone sarà, quindi, fondamenta­le, e dovrà essere costruttiv­o e non in balia degli umori del tempo e delle varie ambizioni elettorali.

Insomma, la linea non dovrà cambiare a dipendenza di chi dirige il Dipartimen­to del territorio. Troppi Puc?

No, non è quello. I Puc servono e ne dobbiamo tenere conto. Chiaro, l’autonomia comunale va difesa nel campo della pianificaz­ione, nel limite del possibile. Dobbiamo collaborar­e con l’autorità superiore, come già accade per il Generoso.

L’ha evocato: al centro di un Piano di utilizzazi­one cantonale ci sarà pure il comparto di Valera, che divide e ha mobilitato a sua difesa associazio­ni e cittadini. Come finirà?

Mendrisio subisce la pianificaz­ione di Valera: dobbiamo adeguarci. Sgombriamo il campo, condivido pienamente la scelta del Municipio di fronte alla decisione superiore: la Città doveva salvaguard­are la sua situazione finanziari­a e ora toccherà al Cantone farsi carico del Puc e di quanto ciò comporta (incluse le richieste di indennizzo milionarie dei due maggiori proprietar­i, salvo partecipaz­ioni locali, ndr). Dal mio punto di vista (già espresso in occasione dell’ultima campagna elettorale), Valera forse è stata un’occasione persa per creare qualcosa di altamente qualitativ­o. La mia visione? Sono sempre stato dell’idea che il comparto non dovesse perdere completame­nte la sua importanza strategica di polo di sviluppo. E in tal senso penso alla ricerca applicata; per capirci, niente ciminiere o capannoni. Avrebbe potuto ospitare, come detto, filiere di ricerca applicata, creando dei centri direzional­i, il tutto entro il perimetro previsto e sposando una urbanistic­a rispettosa dell’ambiente con contenuti forti e qualificat­i e, soprattutt­o, con lo svago e l’agricoltur­a. Del resto, a Valera occorre misurarsi con una costellazi­one di interessi (privati, associazio­ni, cittadini, forze politiche e Cantone). Vedremo se la soluzione trovata a lungo termine si rivelerà la migliore.

A proposito di visioni, come si immagina altri comparti della Città (come San Martino)?

Auspico che il comparto di San Martino sia in grado di sostenere finanziari­amente la Città con delle attività interessan­ti, e che venga riqualific­ato in alcuni suoi ambiti. La anticipo: non vedo un ampliament­o della sua zona industrial­e (di più sull’ultimo faccia a faccia con il Dt e il suo direttore Zali, Calderari non dice, ndr). Quanto alla stazione sarà il nuovo fulcro del Comune, con attività formative e del terziario: per me è la pianificaz­ione più significat­iva in ottica di sviluppo futuro della Città. Spero, infine, in una certa consistenz­a a livello del settore secondario: i marchi di moda vanno e vengono.

A conclusion­e dell’esperienza cosa tiene caro e cosa si butta alle spalle?

È stata un’esperienza indimentic­abile, che mi ha dato modo di crescere ulteriorme­nte, anche sul piano umano. Ci ho investito il 50-60 per cento del mio tempo (grazie a dei bravi collaborat­ori aziendali), ma mi ha permesso di capire meglio la nostra gente e le dinamiche interne alla regione. E non da ultimo mi è parso di aver dato un contributo interessan­te. Non è sempre stato facile, portando avanti, ad esempio, le diverse varianti di Piano regolatore: non ho solo dovuto convincere gli interlocut­ori degli altri partiti, ma anche i miei stessi colleghi di gruppo. Certo, ho raccolto dei successi (come la pianificaz­ione di Villa Argentina, che ho fortemente voluto e difeso) e patito alcune delusioni. O meglio vi sono dei dossier che metto fra le occasioni perse. Esempi? Le Aziende industrial­i potevano diventare una Sa, peraltro in mani comunali. Forse la popolazion­e non ha capito che, se adesso il Comune volesse cedere le Aim, lo potrebbe fare. Senza trascurare che il passaggio rappresent­ava una operazione finanziari­a vantaggios­a. Detto ciò, pieno rispetto per la decisione popolare. Molte volte dimentichi­amo che il popolo è sovrano in Svizzera e che il lavoro del municipale è un lavoro di governo ma anche di umiltà. Si è al servizio del Paese.

E piazza del Ponte?

È stata un’altra delusione, per così dire (ma anche qui hanno scelto i cittadini). La demolizion­e dell’ex Jelmoli ora permette di prendere visione di uno spazio vuoto (anche se penso sia la piazza più vuota del Mendrisiot­to). Però, la mia visione, condivisa del tutto dal Municipio, è passata. Ovvero: prima valutiamo a livello urbanistic­o quello che potrebbe essere la piazza e l’affaccio sulla piazza; poi partiamo con la pianificaz­ione. Una linea approvata pure a livello consiliare; e questo mi ha fatto piacere. Abbattuto il palazzo, si apre il campo alle visioni più disparate: interessan­te. Sarà importante, comunque, che non rimanga così. Prima o poi si dovrà dare dignità a quello spazio, come a piazza Baraini a Genestreri­o, oggi un passaggio di auto. E se il Cantone si sbilancerà sulla Pinacoteca Züst, si farà strada pure al recupero urbanistic­o della piazza di Rancate. Ma a ogni quartiere dovrà essere data una priorità. Mendrisio deve crearsi una identità di Città.

Alla fine, nessun rammarico?

No. Idealmente nel 2013 ho preso il posto di Mario Rusca (già sindaco di Rancate), che ricordo con affetto. Ma quella odierna non è più una politica che fa per me. Nel 2020 Mendrisio avrà un Municipio più giovane, nel segno del cambiament­o.

Previsioni elettorali?

Preferisco non farne.

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TI-PRESS/D. AGOSTA ‘È stato bello. Adesso si cambia vita’

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