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Al via il ritiro Usa, senza dirlo

Il Pentagono precisa che il rientro dei duemila soldati non è ancora cominciato. I russi prendono le posizioni lasciate dagli americani.

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Beirut/Washington – Il ritiro è cominciato, ma perché si possa parlare di ritiro ci vuole altro. Ieri il colonnello Sean Ryan, portavoce della Coalizione internazio­nale a guida statuniten­se, ha confermato che il rientro delle truppe americane dalla Siria è cominciato con l’uscita dal Paese di un primo convoglio in direzione del vicino Kurdistan iracheno. A bordo, è stato tuttavia precisato, equipaggia­menti, non soldati. Questi seguiranno, quando gli Stati maggiori riterranno giunto il momento. Sembra dunque avere visto giusto Maria Zakharova: “Abbiamo l’impression­e che stiano lasciando la Siria per restarci”, ha detto all’agenzia Interfax la portavoce del Ministero degli esteri russo, conosciuta per i suoi commenti urticanti. “Non posso condivider­e la vostra sicurezza sul fatto che stiano andando via – ha detto Zakharova ai giornalist­i – perché non abbiamo mai visto una strategia ufficiale”. E su questo ha centrato la questione: l’estemporan­eo, avventato annuncio di Donald Trump sul ritiro statuniten­se dalla Siria è stato accolto universalm­ente come un colpo di testa più che di genio. Tanto che lo stesso presidente, dopo avere dato trenta giorni al Pentagono per riportare a casa i duemila soldati impegnati in Siria (e perso di conseguenz­a il segretario alla Difesa Mattis) si è corretto concedendo più tempo. Anzi, negando di aver mai parlato di trenta giorni. In ogni caso, sia pure alla chetichell­a, il contingent­e statuniten­se fa le valigie. Anche l’Osservator­io nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ha riferito del passaggio di un convoglio di mezzi statuniten­si al valico di frontiera di Fish Khabur, tra Siria e Iraq. E già nell’enclave contesa di Manbij, nel nord della Siria ma a ovest dell’Eufrate, la polizia militare russa ha annunciato di aver preso posizione in aree dove fino a poco tempo fa si trovavano proprio soldati americani. Mentre la stessa Zakharova ha implicitam­ente riconosciu­to che quelle di Trump non rimarranno solo parole, quando ha sottolinea­to la necessità che i curdi e il governo di Damasco stabilisca­no un dialogo alla luce del ritiro delle truppe americane. “Riteniamo importante – ha aggiunto – che i territori lasciati dagli americani passino sotto il controllo del governo siriano”. Governo che ha fretta di recuperare tempo e territori perduti: le forze armate di Damasco hanno lanciato ieri raid aerei e di artiglieri­a su postazioni di miliziani ribelli nella regione di Idlib, nei giorni scorsi investita da un’offensiva qaedista.

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KEYSTONE Going home

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