Verso lo scontro in Venezuela
Caracas – Lo si chiami golpe, la si voglia “transizione”, certo è che in Venezuela si sta preparando l’ennesimo scontro tra il presidente Nicolas Maduro e l’opposizione (maggioritaria in parlamento) che non lo riconosce tale. Ieri, Juan Guaidò, presidente dell’Assemblea nazionale, ha sollecitato il Paese a una “mobilitazione di massa”, dicendosi pronto a sostituire Maduro e a convocare nuove elezioni. Guaidò ha annunciato di assumere le competenze che, ha affermato, gli conferisce la Costituzione. “Oggi – ha detto Guaidò – non c’è un capo dello Stato, non c’è un comandante in capo delle Forze armate. Oggi c’è un’Assemblea che avrà un ruolo guida in questa lotta per ristabilire l’ordine costituzionale del Paese”, ha scritto su Twitter. Maduro si è insediato giovedì per un secondo mandato come presidente del Venezuela per il periodo 2019-2025, disconosciuto però dal parlamento venezuelano, dall’Organizzazione degli Stati americani e da molte capitali occidentali, secondo le quali le elezioni presidenziali del 20 maggio non hanno avuto le condizioni minime per essere ritenute libere e trasparenti. Pochi Paesi sudamericani – Cuba, Bolivia, El Salvador e Nicaragua – hanno solidarizzato con Maduro. E la Russia. Mosca ha anche accusato gli Stati Uniti di violare la sovranità del Venezuela. Il Ministero degli esteri ha denunciato “la linea sfrontata di Washington verso la formazione anticostituzionale di strutture di governo alternative in Venezuela” e “il rafforzamento delle sanzioni che provocano il deterioramento delle condizioni socioeconomiche” del Paese. Ancora giovedì, mentre Maduro prestava giuramento, il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, John Bolton, aveva affermato che “gli Usa non riconosceranno l’investitura illegittima della dittatura di Maduro e continueranno ad aumentare la pressione su questo regime corrotto, a sostenere l’assemblea nazionale democratica e a chiedere la libertà e la democrazia in Venezuela”. Costi quel che costi...