Microplastiche, evitarle si può
Preoccupa l’elevata concentrazione di minuscoli inquinanti nel lago. In assenza (e in attesa?) di normative, è importante il comportamento di ogni consumatore.
«Se ognuno facesse alcune piccole cose, potrebbe già cambiare parecchio». Parola di Ivan Campari, giornalista della Borsa della spesa (Bds), rivista dell’Associazione consumatori della Svizzera italiana (Acsi). L’alta concentrazione di microplastiche presente nel lago di Lugano, doppia rispetto alla media negli specchi d’acqua svizzeri, rivelata dallo studio promosso dal Dipartimento del territorio (cfr. ‘laRegione’ di ieri), al di là delle rassicurazioni fornite dalle autorità desta preoccupazione. Una preoccupazione dettata dall’assenza di normative in materia e dal fatto che, per definizione tali materiali inquinanti sono difficilmente visibili. Senza contare gli effetti ignoti sulla salute. Sì, perché alcuni hanno origine da prodotti minuscoli (come le componenti abrasive presenti in alcuni saponi) altre derivano invece dalla degradazione delle plastiche, che si frammenta col passare del tempo. Per cui, è oggettivamente difficile immaginare miglioramenti di questa situazione, perlomeno a breve termine. Cosa può fare il singolo consumatore a livello di acquisti personali? «Anzitutto, occorre distinguere due aspetti. Da un lato, le microplastiche sono contenute in diversi prodotti, dai cosmetici alle fibre usate per realizzare vestiti, e in questo caso i consumatori possono fare poco o nulla. Toccherebbe piuttosto ai produttori sostituire il materiale e le alternative non mancano – risponde il giornalista della Bds –. Il consumatore può invece fare parecchio semplicemente cercando di evitare di comprare tutto ciò che è a base di plastica e usa e getta». Non solo i sacchetti per la spesa, ma anche stoviglie monouso, cannucce di plastica e per esempio i palloncini gonfiabili.
Usare prodotti ecocompatibili
Più margini di manovra ci sono invece per fare scelte in sintonia con l’ecosistema. «Non è importante solo cosa si compra, perché il grosso tema riguarda gli imballaggi e i sacchetti di plastica – prosegue Campari –. Sono stati fatti dei piccoli passi avanti da parte dei supermercati riducendo l’utilizzo dei sacchetti monouso di plastica per la spesa. Bisognerebbe evitarli completamente perché spesso vengono buttati in giro e possono finire ovunque. Per fare la spesa si possono utilizzare contenitori fatti di altro materiale, o i sacchetti di plastica usandoli più volte e smaltendoli in maniera corretta facendo in modo che non si disperdano nell’ambiente». Per lo smaltimento adeguato della plastica però in Ticino non ci siamo ancora… E
finisce tutto a Giubiasco. «Beh, chiaro che il riciclaggio sarebbe meglio della termovalorizzazione. Almeno per il Pet c’è comunque un ciclo chiuso». Oltre al fatto di evitare l’utilizzo delle plastiche e dei prodotti che contengono microplastiche, «c’è anche la possibilità di prolungare la vita dei prodotti non scegliendo quelli usa e getta. Prodotti che magari si possono riciclare e riutilizzare per altri scopi», osserva Campari, Dal canto suo, l’Acsi (acsi.ch) da qualche anno ha lanciato i Caffè riparazione, iniziativa ‘importata’ dalla Svizzera interna. Di cosa si tratta? Sono una sorta di laboratori gestiti da volontari e forniti di tutto il necessario per rimettere in funzione le cose più svariate, dalla bambola al tablet, invece di buttarli nella spazzatura. Vengono organizzati un po’ ovunque in Ticino per dare a tutti modo di prendere coscienza della possibilità e per diffondere questa mentalità: prima di gettare via un prodotto che non funziona più, si può cercare un modo di ripararlo, riducendo così la produzione di rifiuti.