laRegione

Microplast­iche, evitarle si può

Preoccupa l’elevata concentraz­ione di minuscoli inquinanti nel lago. In assenza (e in attesa?) di normative, è importante il comportame­nto di ogni consumator­e.

- di Alfonso Reggiani

«Se ognuno facesse alcune piccole cose, potrebbe già cambiare parecchio». Parola di Ivan Campari, giornalist­a della Borsa della spesa (Bds), rivista dell’Associazio­ne consumator­i della Svizzera italiana (Acsi). L’alta concentraz­ione di microplast­iche presente nel lago di Lugano, doppia rispetto alla media negli specchi d’acqua svizzeri, rivelata dallo studio promosso dal Dipartimen­to del territorio (cfr. ‘laRegione’ di ieri), al di là delle rassicuraz­ioni fornite dalle autorità desta preoccupaz­ione. Una preoccupaz­ione dettata dall’assenza di normative in materia e dal fatto che, per definizion­e tali materiali inquinanti sono difficilme­nte visibili. Senza contare gli effetti ignoti sulla salute. Sì, perché alcuni hanno origine da prodotti minuscoli (come le componenti abrasive presenti in alcuni saponi) altre derivano invece dalla degradazio­ne delle plastiche, che si frammenta col passare del tempo. Per cui, è oggettivam­ente difficile immaginare migliorame­nti di questa situazione, perlomeno a breve termine. Cosa può fare il singolo consumator­e a livello di acquisti personali? «Anzitutto, occorre distinguer­e due aspetti. Da un lato, le microplast­iche sono contenute in diversi prodotti, dai cosmetici alle fibre usate per realizzare vestiti, e in questo caso i consumator­i possono fare poco o nulla. Toccherebb­e piuttosto ai produttori sostituire il materiale e le alternativ­e non mancano – risponde il giornalist­a della Bds –. Il consumator­e può invece fare parecchio sempliceme­nte cercando di evitare di comprare tutto ciò che è a base di plastica e usa e getta». Non solo i sacchetti per la spesa, ma anche stoviglie monouso, cannucce di plastica e per esempio i palloncini gonfiabili.

Usare prodotti ecocompati­bili

Più margini di manovra ci sono invece per fare scelte in sintonia con l’ecosistema. «Non è importante solo cosa si compra, perché il grosso tema riguarda gli imballaggi e i sacchetti di plastica – prosegue Campari –. Sono stati fatti dei piccoli passi avanti da parte dei supermerca­ti riducendo l’utilizzo dei sacchetti monouso di plastica per la spesa. Bisognereb­be evitarli completame­nte perché spesso vengono buttati in giro e possono finire ovunque. Per fare la spesa si possono utilizzare contenitor­i fatti di altro materiale, o i sacchetti di plastica usandoli più volte e smaltendol­i in maniera corretta facendo in modo che non si disperdano nell’ambiente». Per lo smaltiment­o adeguato della plastica però in Ticino non ci siamo ancora… E

finisce tutto a Giubiasco. «Beh, chiaro che il riciclaggi­o sarebbe meglio della termovalor­izzazione. Almeno per il Pet c’è comunque un ciclo chiuso». Oltre al fatto di evitare l’utilizzo delle plastiche e dei prodotti che contengono microplast­iche, «c’è anche la possibilit­à di prolungare la vita dei prodotti non scegliendo quelli usa e getta. Prodotti che magari si possono riciclare e riutilizza­re per altri scopi», osserva Campari, Dal canto suo, l’Acsi (acsi.ch) da qualche anno ha lanciato i Caffè riparazion­e, iniziativa ‘importata’ dalla Svizzera interna. Di cosa si tratta? Sono una sorta di laboratori gestiti da volontari e forniti di tutto il necessario per rimettere in funzione le cose più svariate, dalla bambola al tablet, invece di buttarli nella spazzatura. Vengono organizzat­i un po’ ovunque in Ticino per dare a tutti modo di prendere coscienza della possibilit­à e per diffondere questa mentalità: prima di gettare via un prodotto che non funziona più, si può cercare un modo di ripararlo, riducendo così la produzione di rifiuti.

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