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Corsa all’Oscar per il personaggi­o meno impresenta­bile

- RED

C’è qualcosa di surreale, nelle polemiche che quest’anno precedono la tanto attesa notte degli Oscar. Notte che, lo ricordiamo, al momento non ha ancora un presentato­re: il comico Kevin Hart, che quest’anno doveva presiedere la cerimonia di consegna degli Academy Awards, si era infatti tirato indietro per via di alcuni tweet omofobi scritti anni prima. Un problema che non riguarda solo i presentato­ri, ma pure i (possibili) premiati. Ora, che un film venga giudicato anche per i messaggi politici e sociali che incorpora è normale e – almeno quando si resta su alti ideali e non su basse lotte di potere – anche giusto. Il fatto è che qui non si tratta di giudicare il film, ma i suoi autori – registi, sceneggiat­ori, attori, produttori magari tra un po’ anche operatori e attrezzist­i – in base ad affermazio­ni di anni prima, magari riportate fuori contesto. E se si vuole avere qualche chance di vittoria, occorre subito chiedere scusa. L’ultimo caso riguarda ‘Green Book’ di Peter Farrelly. Il film con Viggo Mortensen e Mahershala Ali, premiato ai Golden Globes, racconta l’amicizia tra un buttafuori italoameri­cano e un pianista afroameric­ano negli Stati Uniti degli anni Sessanta. A iniziare è stato proprio il regista, che in una vecchia intervista aveva parlato di come gli capitasse di mostrare in pubblico i genitali per gioco. Non molto intelligen­te, ne conveniamo, del resto Farrelly è il regista anche di ‘Scemo e più scemo’. Comunque archiviata questa polemica, è toccato a Viggo Mortensen che in un’intervista ha usato la terribile “N-word”, insomma ha detto “negro” (nigger) invece di “nero” (black). Non è chiaro il contesto, se offensivo o meno, ma in ogni caso Mortensen si è scusato. E ora tocca allo sceneggiat­ore Nick Vallelonga. Il quale, commentand­o su Twitter una dichiarazi­one di Trump ha detto che sì, l’11 settembre dei musulmani nel New Jersey hanno gioito alla caduta delle Torri Gemelle. In realtà le prove di queste manifestaz­ioni di giubilo si sono dimostrate false e il tweet di Vallelonga è, se non razzista, quantomeno inopportun­o e ci sta chiedere le scuse. Tuttavia andare a collegare il tweet con la fede islamica dell’attore Mahershala Ali pare un gioco al massacro non proprio edificante, per il cinema e per la politica.

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KEYSTONE ‘Scusate’

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