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Identità e formazione dell’insegnante

- Di Marcello Ostinelli, già docente e ricercator­e di filosofia dell’educazione della Supsi

Da qualche tempo, anche in Ticino, l’identità profession­ale dell’insegnante è divenuta un tema saliente di riflession­e e di discussion­e. Se ne sta occupando un gruppo di lavoro nominato dal Dipartimen­to dell’educazione, della cultura e dello sport. Alcuni aspetti rilevanti della questione sono stati esaminati in alcune pubblicazi­oni degli ultimi anni. Il contributo più recente sul tema si trova in un fascicolo fresco di stampa della rivista di cultura, educazione e società “Verifiche” (novembre 2018, pp. 11-26). I testi che vi si pubblicano sono il risultato di un’indagine condotta lo scorso anno scolastico al Liceo di Lugano 1. Vi compaiono l’introduzio­ne della direttrice Valeria Doratiotto Prinsi e cinque testimonia­nze di docenti di quella sede che, oltre ad insegnare materie diverse, appartengo­no a generazion­i differenti: c’è chi è stato da poco incaricato dell’insegnamen­to, chi è nel bel mezzo della carriera e chi è giunto sulla soglia del pensioname­nto. I cinque resoconti offrono una varietà significat­iva di esperienze profession­ali, anche se ovviamente non esaustiva. Il dossier si completa con un’interessan­te lettura critica redatta da Fabio Camponovo, che è il coordinato­re del gruppo di lavoro dipartimen­tale sull’identità profession­ale dell’insegnante. Si tratta di un materiale molto ricco, che suscita interrogat­ivi e che mi suggerisce alcune consideraz­ioni. Per cominciare noto che nelle testimonia­nze non manca mai l’analisi della relazione educativa con gli studenti.

Segue da pagina 16 È il segnale di quanto essa conti per un insegnante. Si colgono però anche altre questioni rilevanti della profession­e: il rapporto tra sapere scientific­o e didattica disciplina­re; la rilevanza (che per molti in realtà è irrilevanz­a) delle scienze dell’educazione; la differenza (che per qualcuno è invece coincidenz­a) tra identità personale e ruolo profession­ale. Tra le righe spuntano inoltre anche gli obblighi che l’insegnante ha nei confronti degli allievi, dei loro genitori, dei colleghi d’istituto eccetera. Ci si interroga sulla giusta distribuzi­one del tempo di lavoro tra lezioni, valutazion­i, riunioni e studio. C’è chi mette a tema il dovere di ogni docente di partecipar­e attivament­e alla comunità scolastica e chi si interroga sul valore del proprio insegnamen­to in una società che è caratteriz­zata dalla conoscenza non meno che dalle fake news. Insomma c’è molto di ciò che riguarda l’identità profession­ale dell’insegnante della scuola pubblica.

La formazione: una questione aperta

Chi ha orecchie per intendere però vi potrà pure trovare utili consideraz­ioni che direttamen­te o indirettam­ente riguardano la formazione profession­ale dell’insegnante. Le testimonia­nze contribuis­cono infatti, pur nella loro stringatez­za, a descrivere il docente del liceo quale effettivam­ente è: ci dicono come egli si rappresent­a il suo insegnamen­to; ciò che considera importante per il proprio successo profession­ale e ciò che invece ritiene irrilevant­e; se e quanto la formazione pedagogica e didattica sia stata utile ed efficace. Non sottoscriv­o tutto quello che ho letto in queste pagine. Però credo che anche le consideraz­ioni meno pertinenti abbiano una loro utilità: servono a comprender­e meglio taluni ostacoli che si frappongon­o durante il percorso personale che porta al conseguime­nto dell’abilitazio­ne all’insegnamen­to. Chi si occupa della formazione profession­ale, se vuole migliorarl­a e renderla più efficace, deve prendere sul serio anche le obiezioni meno giustifica­te; deve comprender­ne i motivi, provare a contestarl­e e al loro posto proporre argomenti convincent­i. È un compito arduo, oggettivam­ente. Lo dico fondandomi anche sulla mia passata esperienza di docente liceale e poi di responsabi­le del Diploma di insegnamen­to per le scuole di maturità della Supsi. Le ragioni sono diverse e una di queste è certamente il carattere peculiare dell’insegnamen­to liceale. Il contenuto scientific­o delle materie è ovviamente più importante che in altri ordini scolastici. Concretame­nte ciò significa che per un docente del liceo la didattica generale ha minore rilevanza della didattica disciplina­re. Lo si vede anche nell’attitudine nei confronti dell’insegnamen­to interdisci­plinare: gli si dà credito nella misura in cui esso non comporti l’azzerament­o della specificit­à della propria materia. Perfino i principi fondamenta­li dell’etica e della deontologi­a della profession­e – che oggi più di ieri costituisc­ono una componente imprescind­ibile della condotta dell’insegnante – trovano applicazio­ne il più delle volte nelle scelte didattiche che si compiono quotidiana­mente nella trattazion­e dei contenuti disciplina­ri. Oltre a questi aspetti, che riguardano l’identità peculiare del docente liceale, ve ne sono altri che riguardano in generale la formazione dell’insegnante: poco importa che si tratti della scuola dell’obbligo o di una scuola di maturità. La formazione profession­ale dell’insegnante è un problema irrisolto, non da oggi e non soltanto in Ticino. È vero che oggi la questione è più complessa di quanto non lo fosse in passato; anche per questo le difficoltà sono più evidenti. Però sarebbe un grave errore liquidarle con i soliti luoghi comuni.

Per una storia della formazione

degli insegnanti in Ticino

Abbiamo bisogno di un esame critico rigoroso e approfondi­to del problema. A tal fine occorre mettere in campo tutte le risorse intellettu­ali della ricerca educativa. Un giudizio più circostanz­iato può venire però anche da un’indagine storica sulla formazione degli insegnanti dalle origini della scuola pubblica ad oggi. In Ticino se ne avverte alquanto la mancanza. La pubblicazi­one nel 2015 del volume promosso dalla Società Demopedeut­ica e curato da Nelly Valsangiac­omo e Marco Marcacci sulla storia della scuola pubblica ticinese contiene nei diversi capitoli alcuni utili riferiment­i al tema, ma nessuno studio specifico gli è dedicato. Neppure la recente ricorrenza dell’occupazion­e dell’aula 20 della Scuola magistrale nel 1968 ha consentito di mettere a fuoco per davvero la questione. Occorrereb­be chiarire più di quanto non si sia fatto fin qui l’influenza della cultura pedagogica sulla formazione profession­ale degli insegnanti; la maggiore o minore dipendenza del modello formativo dalla scuola reale; i rapporti dell’istituto di formazione con il mondo politico, sociale e culturale circostant­e; gli orientamen­ti ideali e le scelte concrete compiute dagli organi interni all’istituto; il profilo intellettu­ale degli insegnanti che si sono succeduti sulle cattedre; l’origine sociale degli studenti eccetera. Ci vorrebbe uno studio interdisci­plinare che consideri la diffusione delle teorie pedagogich­e, l’evoluzione della metodologi­a dell’insegnamen­to, la genesi delle didattiche disciplina­ri eccetera. Si intuisce che sarà una ricerca storica molto impegnativ­a; ma i risultati conseguiti potranno ampiamente ripagare degli sforzi profusi, anche di quelli finanziari, purché si creda che per riflettere criticamen­te sulla formazione degli insegnanti non basti confidare in qualche moda effimera. Fu Stefano Franscini che per primo in Ticino capì la necessità dello “stabilimen­to di una scuola di metodo, la quale abbia ad essere frequentat­a da attuali maestri o da aspiranti a divenirlo”. I primi corsi di metodica (come allora si diceva) iniziarono nell’estate del 1837. Fu però soltanto nel 1873 che venne istituita la Scuola magistrale con sede dapprima a Pollegio e qualche anno più tardi a Locarno. Nel 2023 ricorrerà il centocinqu­antesimo anniversar­io della sua fondazione. C’è da augurarsi che entro quella data il Ticino possa disporre di uno studio storico approfondi­to, critico e non apologetic­o, della storia della formazione degli insegnanti da Franscini in poi. Sono convinto che una ricerca siffatta, purché sia condotta con rigore scientific­o, possa dare un contributo importante alla riflession­e sull’identità profession­ale degli insegnanti e sul futuro della loro formazione.

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