laRegione

Il valore dell’italiano

Un riconoscim­ento per i suoi contributi alla filologia e alla critica, ma soprattutt­o per il suo lavoro di valorizzaz­ione dell’italiano in Svizzera

- Di Ivo Silvestro

Una vita per l’insegnamen­to e la valorizzaz­ione dell’italiano in Svizzera: il professor Ottavio Besomi ha ricevuto ieri il Premio massimo 2018 della Fondazione Lavezzari.

Ci ha portato in mare, Ottavio Besomi: in quell’incerto oceano dove Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez discutono, una notte, se davvero c’è una terra da raggiunger­e, alla fine delle acque. È una delle operette morali di Giacomo Leopardi, un testo che riprende – ha spiegato lo studioso ticinese, ricordando come il compito del filologo sia proprio quello di ricostruir­e l’itinerario di un’opera – il lavoro dello storico del Settecento William Robertson. Capovolgen­done però il senso: perché il breve dialogo tra Colombo e Gutierrez si arresta prima che i marinai avvistino quella terra che Colombo, in quel momento, non riesce neanche a concepire. È, quello di Leopardi, un Colombo che non sa superare la soglia dell’ignoto o – ha concluso Besomi passando da Leopardi all’ultimo libro di Giorgio Orelli – l’orlo della vita. È con questa storia di ignoto, di dubbio, di conoscenza e in fondo anche di speranza che Ottavio Besomi, ieri mattina al Cinema Teatro di Chiasso, ha accolto il Premio massimo 2018 della Fondazione Iside e Cesare Lavezzari: una breve, intensa e suggestiva lezione, immaginiam­o come quelle che Besomi ha tenuto per anni prima all’Università e poi al Politecnic­o di Zurigo. Soprattutt­o, una dimostrazi­one del valore – culturale, sociale, anche scientific­o – della lingua italiana, lingua che forse non ci fa superare quella soglia dell’ignoto, ma può aiutare a leggere il mondo. Valore più volte ribadito, ieri a Chiasso, ma senza quelle lamentazio­ni che spesso caratteriz­zano i rapporti della minoranza italofona con il resto della Svizzera: niente toni da “vorremmo ricevere di più” bensì da “vorremmo poter dare di più”. «Se la Svizzera – ha spiegato nel suo discorso il presidente della fondazione Fernando Pedrolini – è una Willensnat­ion, cioè una nazione fondata sulla volontà di tutte le sue componenti di vivere e operare insieme per il bene e il progresso comuni, mi sembra particolar­mente significat­ivo che ciò avvenga anche per iniziativa della minoranza italofona». Minoranza che sembra godere di un momento favorevole, con la presenza di propri rappresent­anti in Consiglio federale e alla presidenza del Consiglio nazionale. E infatti, dopo Pedrolini ha preso la parola Marina Carobbio, eletta lo scorso novembre prima cittadina svizzera, che ha insistito su quanto l’italiano sia una lingua meraviglio­sa. «Reputo lo studio, la promozione e la difesa della nostra lingua di fondamenta­le importanza: da qui la mia scelta, come presidente del Consiglio nazionale, di con-

durre i dibattiti in italiano, per dare alla nostra lingua il giusto posto e riconoscim­ento anche nella politica, fungendo da stimolo anche in altri ambiti». Questo perché, ha concluso Marina Carobbio, «a prescinder­e dal numero di persone che lo parlano quotidiana­mente, l’italiano ha la medesima importanza

del tedesco, del francese e del romancio nel definire la Svizzera, la sua cultura, la sua coesione». Il premio della Fondazione Lavezzari – e con questo torniamo al discorso di Ottavio Besomi – «è uno stimolo a fare nuove cose, ognuno per il tratto, breve o lungo, di vita che ha davanti». E qui lo

sguardo del professore era rivolto alle quattro giovani che hanno condiviso con lui il palco, vincitrici dei premi per i migliori studenti del Mendrisiot­to: Moira Piazzoli di Corteglia, Giulia Borghesi di Riva San Vitale, Claudia Micheli di Coldrerio e Francesca Borghesi di Riva San Vitale.

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TI-PRESS Il professor Besomi (al centro) con la presidente del Consiglio nazionale Marina Carobbio e gli studenti premiati

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