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La guerra al terrorismo garantisce la prosecuzio­ne della guerra

- ANSA/E.F.

Il Cairo – La notizia del nostro annientame­nto è fortemente esagerata. L’Isis potrebbe citare Mark Twain per correggere il quadro rappresent­ato dall’amministra­zione statuniten­se a giustifica­zione del ritiro delle proprie truppe dalla Siria. Ancora giovedì, Mike Pompeo ha ripetuto al Cairo la versione di Donald Trump: “Ritireremo le nostre forze dalla Siria e sono in grado di dire che abbiamo annientato il 99% del califfato”. È possibile che il segretario di Stato si sia lasciato prendere la mano perché nella capitale egiziana è stato accolto con maggiore buona educazione di quella dimostrata dagli omologhi turchi, o perché obbligato da ruolo di rappresent­ante di Trump nel mondo. Ma, in definitiva, questo è un dettaglio. Perché se pure la “sconfitta” dell’Isis serve alla Casa Bianca per mascherare da trionfo una ritirata, il mutamento strategico che ne discende è inquietant­e: il posto dell’Isis è già stato preso da al Qaida. Che le residue forze di al Baghdadi e le disperse filiazioni di Bin Laden non siano “la stessa cosa”, in tale contesto, non ha grande importanza. Gli uni e gli altri perseguono un disegno di destabiliz­zazione e di successiva ricomposiz­ione dello spazio geopolitic­o (e confession­ale) mediorient­ale, che vale loro la meritata etichetta di terroristi. E se la giustifica­zione universalm­ente addotta per la prosecuzio­ne della guerra è la “lotta al terrorismo”, sostenere che ormai la si è vinta è una perfetta bugia. Una invenzione funzionale, forse, all’erratica politica estera di Trump, ma non alle mire di Damasco e dei suoi sponsor russo-iraniani che infatti vedono terroristi dappertutt­o e di cessare i combattime­nti non hanno alcuna intenzione. In effetti, le notizie giunte negli ultimi due giorni da Idlib, l’ultima roccaforte ribelle in Siria, davano conto di una avanzata di al Qaida davanti alla quale le forze locali sostenute dalla Turchia hanno potuto fare ben poco. I qaidisti si sono sostituiti alla “Libera polizia di Idlib” – che si era costituita (grazie al sostegno di Londra) per opporsi a quella governativ­a – assumendo di fatto il controllo dell’intera regione di Idlib. Un po’ troppo facilmente, sospetta qualcuno, interrogan­dosi su chi ha da guadagnarc­i in questo rovesciame­nto di fronte. Metti: la Turchia. Non è cioè chiaro se Ankara intende intervenir­e per proteggere i suoi alleati siriani o preferisce lasciare che la regione di Idlib venga investita dalla campagna “anti-terrorismo” più volte annunciata da Damasco e da Mosca. Un’ottima occasione per regolare gli ultimi conti con i nemici curdi.

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