Anche a Ginevra ‘un meccanismo per la destituzione’
Buttet, Maudet, Barazzone, Savary: un ‘caso’ dopo l’altro nel 2018. «Stiamo scoprendo che in Svizzera l’élite politica non è così integra come credevamo»? A porsi la domanda è Pascal Sciarini, politologo all’Università di Ginevra. La sua risposta: «Resto convinto che i politici in Svizzera siano in generale relativamente integri, forse più che altrove. Semplicemente, oggi il bisogno di trasparenza – alimentato in particolare dai mass media – è molto maggiore rispetto al passato».
Maudet si ostina e piazza l’asticella delle dimissioni sempre più in alto: una lunga inchiesta, un rinvio a giudizio, infine una condanna. Con quali conseguenze per il suo partito?
Sul piano cantonale, la vicenda ha diviso il partito: una parte del Plr ginevrino lo ha mollato. In vista delle ‘federali’ di ottobre, nel Canton Ginevra potrebbe risentirne la mobilitazione sia dei militanti che dell’elettorato liberale-radicale, entrambi destabilizzati se non arrabbiati a seguito di questa storia senza fine. Sul piano federale, non credo che la vicenda – benché molto mediatizzata – avrà conseguenze di rilievo sul Plr.
La presidente del Plr Petra Gössi ha usato parole dure nei confronti di Maudet, accusato di «calpestare i valori del partito». Non ha provocato un riflesso difensivo in seno alla sezione ginevrina, portando a serrare le file dietro il consigliere di Stato?
È possibile. Ma come presidente del Plr non credo potesse fare altrimenti. D’altronde, il partito nazionale si è sentito coinvolto a pieno titolo nella vicenda, perché fino a pochi mesi prima il suo gruppo parlamentare era stato sedotto da Maudet candidato al Consiglio federale. Ciò spiega almeno in parte la reazione dei vertici del Plr svizzero.
Maudet ha già detto che l’odierna assemblea straordinaria dei delegati non è che “una tappa”: gli servirà semplicemente per “misurare la temperatura” della base, ma lui – indipendentemente dall’esito – non ne trarrà alcuna indicazione diretta circa l’opportunità di dimettersi. Ma se gli verrà a mancare un ampio sostegno, potrà ignorare il segnale? Maudet dimostra una tale ostinazione che, anche se verrà sconfessato, potrà sempre dire “va bene: il partito mi ha sconfessato, ma io sono stato eletto dal popolo”. Del resto, lui ha già detto che la sua legittimità democratica si fonda sul voto popolare [lo scorso aprile Maudet è stato rieletto già al primo turno in governo, diventandone presidente, carica poi revocata, ndr] e che è davanti al popolo – alle prossime elezioni [nel 2023, ndr] – che dovrà eventualmente rispondere dei suoi atti. Credo però che uno non si possa nascondere a lungo dietro la legittimità popolare. Non è stato fatto un sondaggio, per cui non sappiamo cosa ne pensi il ‘popolo’. Ma non sono sicuro che oggi Maudet godrebbe ancora dell’appoggio di una maggioranza dei ginevrini.
Una simile cocciutaggine da parte di un politico nel restare aggrappato a una poltrona nonostante le vicissitudini giudiziarie è abbastanza singolare in Svizzera. Come se la spiega? Va detto che un caso del genere è raro in Svizzera. Però è vero che l’accanimento di Maudet è abbastanza spettacolare. Molti altri, al suo posto, avrebbero già rassegnato le dimissioni. C’è chi ha fatto un passo indietro per molto meno: Géraldine Savary [la ‘senatrice’ vodese fattasi finanziare due campagne elettorali da un miliardario russo, ndr] ha annunciato che non si sarebbe candidata per un nuovo mandato al Consiglio degli Stati, benché i fatti che le erano imputati non abbiano avuto alcuna rilevanza penale.
C’è differenza tra la politica federale e quella cantonale?
La prima, grande differenza, è che il Consiglio federale non è eletto dal popolo ma dal Parlamento. Mentre in tutti i cantoni l’esecutivo viene eletto dal popolo. Nei cantoni, gli eletti derivano perciò la loro legittimità direttamente dalle elezioni. Possono dunque nascondersi più facilmente dietro la legittimità popolare. A livello federale, inoltre, non esiste un meccanismo di revoca o destituzione di un membro del governo: un consigliere federale non può essere forzato ad andarsene. Per contro, in alcuni cantoni (il Ticino è tra questi) è possibile revocare il governo nel suo insieme o singoli membri dell’esecutivo.
Un tale meccanismo non esiste nel Canton Ginevra. Non sarebbe opportuno introdurlo?
Le vicende recenti mostrano che un tale meccanismo – introdotto di recente a Neuchâtel – sarebbe auspicabile. Non tanto per servirsene, ma per creare una pressione. Nella storia della politica svizzera, spesso sono state create istanze che esistono non tanto perché vengano utilizzate, quanto per fungere da deterrente sugli eletti, affinché ne influenzino preventivamente il comportamento.
Maudet in un’intervista a ‘Le Temps’ ha ammesso di “aver conosciuto la solitudine di colui che pensa di poter fare tutto” e che “il potere” lo ha portato a “costruirmi una corazza così spessa che non lasciava più passare niente”. Cosa ne pensa?
Maudet ha raggiunto un tale livello di competenza e di potere, che ha perso se non il senso della realtà, quantomeno la capacità di fare autocritica e di accettare le critiche altrui. A un certo punto, ha creduto che tutto il bene che ha fatto a questo cantone gli permettesse di prendersi certe libertà, come ad esempio quella di accettare questo viaggio ad Abu Dhabi e – più grave ancora – quella di accumulare le bugie per nasconderne origine e finanziamento.
Il consigliere di Stato Pierre Maudet, sotto inchiesta per accettazione di vantaggi in relazione a un viaggio ad Abu Dhabi, incontra stasera la base. In un’assemblea straordinaria,
i delegati del Plr ginevrino dovranno dire se hanno ancora fiducia in lui oppure no. Inquadriamo la vicenda con Pascal Sciarini, politologo dell’Università di Ginevra.