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Stavolta al razzismo di James Watson non è andata bene

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Dichiarazi­oni imbarazzan­ti – definiamol­e così – le ha sempre fatte, ma finora gliele si perdonava. Era pur sempre James Watson, vincitore del premio Nobel, scopritore della struttura del Dna, uno dei pochi personaggi in grado – giusto per fare un esempio – di raccoglier­e consensi unanimi intorno a un’iniziativa incredibil­mente dispendios­a come lo fu il Progetto genoma umano, di cui Watson fu il primo direttore.

Ma adesso basta: le ultime dichiarazi­oni razziste gli hanno fatto definitiva­mente terra bruciata intorno, arrivando dove finora non si era arrivati: la privazione di titoli onorifici, e proprio dal laboratori­o dove ha lavorato per decenni. Certo, aspre critiche si erano già avute nel 2007, quando appunto aveva affermato che “i neri sono geneticame­nte inferiori”; ma la cosa era finita lì. Ma andiamo con ordine: Watson, che ha 90 anni, era il protagonis­ta del programma della Pbs, l’emittente pubblica statuniten­se, “American Masters: Decoding Watson”. Alla domanda se avesse cambiato idea sulle affermazio­ni del 2007, che peraltro all’epoca aveva ritrattato, lo scienziato ha risposto: “Assolutame­nte no. Vorrei che ci fosse qualche studio che dice che l’ambiente è più importante della natura. Ma non l’ho visto. E c’è una differenza nella media dei risultati dei test sul Qi fra neri e bianchi. E questa differenza è genetica”.

Scontata la valanga di commenti negativi sui social media – per quanto non manchino quelli positivi, stranament­e tutti di bianchi di destra –, meno la reazione del Cold Spring Harbor Laboratory, diretto dallo scienziato per decenni. Già nel 2007 il laboratori­o aveva rimosso Watson da qualunque incarico operativo, scrivono il presidente e il direttore del Board of Trustees. “In risposta alle affermazio­ni recenti abbiamo preso misure aggiuntive – si legge nel loro comunicato –, inclusa la revoca del titolo onorario di Cancellier­e emerito, Professore emerito e Fiduciario emerito. Il laboratori­o rispetta e apprezza l’eredità scientific­a del dottor Watson, incluso il suo ruolo come direttore e fondatore del Progetto genoma umano e la sua leadership critica nello sviluppo della ricerca e dell’educazione durante il suo periodo a capo del laboratori­o. Tuttavia le sua frasi sono completame­nte incompatib­ili con la nostra missione, i valori e le politiche”. E ci sta, tenendo conto che le affermazio­ni di Watson sono anche scientific­amente inconsiste­nti, come ha affermato al ‘New York Times’ Francis Collins, direttore del National Institutes of Health di Bethesda e un altro dei protagonis­ti del Progetto genoma umano: “I maggiori esperti di intelligen­za consideran­o ogni differenza nel Qi tra bianchi e neri come derivante principalm­ente da fattori ambientali, e non genetici. Non conosco nessuna ricerca credibile su cui potrebbe basarsi l’affermazio­ne di Watson”.

Intanto c’è già chi considera Watson un martire della razza bianca. Che brutta fine.

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