La lingua batte
Mentre ‘Roma’ di Alfonso Cuarón riceve nuovi premi, si discute dei sottotitoli in spagnolo
Una scelta provinciale e paternalistica: così in molti hanno criticato la decisione di Netflix di sottotitolare il film messicano con una ‘traduzione’ in castigliano
Un altro premio si è aggiunto al già lungo elenco di riconoscimenti che si è conquistato ‘Roma’ di Alfonso Cuarón: dopo il Leone d’oro a Venezia, il Golden Globe per la miglior regia e il miglior film in lingua straniera, domenica sera il film ha conquistato 4 premi anche ai Critics’ Choice Awards, i riconoscimenti assegnati dai rappresentanti della critica cinematografica statunitense: miglior regia, miglior film, miglior film in lingua straniera e miglior fotografia. Tra qualche giorno si scopriranno le candidature degli Oscar – ma pare certo vedere ‘Roma’ in lista quantomeno per miglior film e miglior regia – e a inizio febbraio scopriremo i vincitori dei Bafta, i premi della British Academy, e anche qui ‘Roma’ è tra i favoriti. Ma negli ultimi giorni non si è discusso di ‘Roma’ solo per i riconoscimenti – e neppure perché il film, prodotto da Netflix, è uscito in contemporanea nelle sale e sul popolare servizio di streaming, scardinando consolidate prassi del mercato audiovisivo. No, è più una questione linguistica: il film di Cuarón, ambientato a Città del Messico – nel quartiere Colonia Roma, da cui il titolo –, è infatti recitato in spagnolo. Lo spagnolo messicano, ovviamente, che differisce dal castigliano parlato in Spagna per pronuncia e vocabolario. Come del resto l’inglese americano differisce da quello britannico.
Qual è, dunque, il problema? Che in Spagna il film è stato sottotitolato in castigliano.
Di doppiaggi e adattamenti
E vabbè, dirà il lettore italofono abituato a vedere i film non solo doppiati – talvolta bene, altre volte, soprattutto di recente, abbastanza male, e l’elenco di scelte scriteriate sarebbe molto lungo – ma soprattutto adattati, cambiando quel che è necessario cambiare affinché i dialoghi abbiano senso non solo in un’altra lingua, ma anche in un’altra società dove, a dispetto della globalizzazione, vi sono riferimenti culturali diversi: i Rolling Stones li conosciamo tutti, Willie Nelson no. E infatti in questo caso l’errore sarebbe – o meglio è: perché è accaduto in ‘The Judge’ di David Dobkin – lasciare il riferimento all’ottuagenario cantante country invece di trovare un personaggio altrettanto pittoresco ma conosciuto anche in Europa.
Si può ovviamente discutere se i film sia meglio vederseli in lingua originale – tenendo comunque presente che la via dell’adattamento ha una sua nobiltà, vedi Kubrick che non solo si occupava dell’adattamento, ma girava appositamente alcune sequenze per le versioni internazionali (è così che in ‘Shining’ “Il mattino ha l’oro in bocca” ha sostituito l’originale “All work and no play makes Jack a dull boy”). Ma, per tornare alla polemica linguistica su ‘Roma’, il film non è stato doppiato ma semplicemente sottotitolato utilizzando termini castigliani invece che messicani (“madre” invece di “mamá”, “vosotros” invece di “ustedes”). Commettendo anche degli errori, tipo sostituire “gansito” (che in Messico è un dolce al cioccolato) con “ganchito” (che in Spagna sono delle patatine al formaggio), ma il problema non è solo questo. Perché, quindi, la scelta di sottotitolare in castigliano il film di Cuarón ha sollevato diverse polemiche? È una questione di dignità: della lingua, della cultura, del popolo messicani. Con sullo sfondo un passato coloniale evidentemente ancora vivo. Perché se Hollywood può tranquillamente usare l’accento britannico per dare voce ai cattivi (dalla saga di Guerre stellari ai film sui nazisti), la situazione tra Spagna e America latina è più complessa e va al di là delle classiche discussioni sui limiti delle traduzioni, soprattutto quando si tratta di film da sottotitolare (con testi veloci, da leggere in pochi secondi, senza poter ricorrere a lunghe digressioni o note a piè di pagina). Come accaduto – riporta il ‘New York Times’ – con un’altra produzione di Netflix, la serie turca ‘The Protector’, anch’essa con sottotitoli imprecisi nel rendere le sfumature della lingua turca.
La versione corretta
Ma i sottotitoli in castigliano di ‘Roma’ non sono semplicemente imprecisi, bensì “paternalistici, offensivi e molto provinciali”, per dirla con le parole dello scrittore (messicano ma che vive a Barcellona) Jordi Soler, tra i primi a sollevare il problema. Intervistato dal ‘New York Times’, Soler ha spiegato che i sottotitoli innanzitutto lasciano intendere che gli spagnoli siano degli idioti che non riescono a comprendere qualche parola in un altro dialetto. E questo spiega l’accusa di provincialismo. Ma i sottotitoli, ha aggiunto, sono anche paternalistici, perché è come se vi fosse un vero spagnolo – il castigliano di Spagna – e quello parlato in Messico e in altri Paesi fosse un prodotto di serie B, una lingua corrotta da correggere e sistemare aggiungendo per iscritto la versione corretta.
Sul tema è intervenuto anche lo stesso regista. Intervistato dall’agenzia di stampa Efe, dopo aver ringraziato Netflix per il suo lavoro nella promozione del film, la stoccata: “Trovo tutto ciò molto, molto ridicolo”. Aggiungendo che “il colore e l’empatia funzionano senza sottotitoli”; del resto lui, da messicano, riesce a capire e apprezzare “il cinema di Almodóvar senza bisogno di sottotitoli per il messicano”.
Tutta colpa di Netflix
Tuttavia in passato è capitato che alcuni film venissero sottotitolati in spagnolo pur essendo in spagnolo: ‘Amores perros’ di Iñárritu, ad esempio, o più recentemente il cileno ‘Jesús’, i cui personaggi parlavano un gergo di difficile comprensione.
‘El País’ ha intervistato Luis García Montero, direttore dell’Instituto Cervantes, che dà un’altra chiave di lettura. “La ricchezza dello spagnolo, nella sua diversità, sta nella sua solida unità”, cosa che, ha spiegato Montero, non avviene con l’inglese, molto più frammentato. La scelta di sottotitolare un film che non ne avrebbe bisogno “è una applicazione della prospettiva anglosassone”.
Insomma, invece di adattare il film, Netflix avrebbe dovuto adattare le sue prassi interne. Come, dopo le proteste, ha fatto: niente più sottotitoli in castigliano, sulla piattaforma online, ma solo la versione (per non udenti) con la trascrizione fedele in spagnolo messicano.