Aiuto sociale: tendenze preoccupanti
Guardo con seria preoccupazione al futuro della nostra sicurezza sociale. In Svizzera i costi per l’aiuto sociale aumentano costantemente e alla persona che ne beneficia viene concesso un forfait per il mantenimento di 986 franchi, evidentemente inadeguato per coprire il “minimo vitale”. Negli ultimi anni il tasso dell’aiuto sociale è rimasto stabile al 3%, pari a 278mila beneficiari. Gli abitanti di una città, ipoteticamente. Tuttavia, secondo l’Ufs, in dieci anni la spesa annua è aumentata di un miliardo di franchi, raggiungendo così i 2,7 miliardi nel 2016. L’aiuto sociale in senso lato si confronta invece con un aumento di 2,8 miliardi rispetto al 2005. Ma come fermare questo inquietante sviluppo? In alcuni Cantoni la tendenza attuale è quella di procedere a tagli ingiustificati delle prestazioni con la sbagliata convinzione che con un aiuto sociale meno attraente si ottenga maggiore pressione per entrare o tornare nel mercato del lavoro. Il problema andrebbe invece affrontato con anticipo, attraverso una giusta ridistribuzione dei costi e maggiori interventi statali, in particolare con alloggi sovvenzionati, salari minimi e assegni familiari. Sebbene alcuni politici sostengano ancora il contrario, per le persone poco qualificate ci sono sempre meno impieghi disponibili e il vecchio detto, chi vuole lavorare può lavorare, oggi non vale più per tutti. Occorre puntare a un reinserimento professionale durevole, migliorare l’accessibilità e il sostegno alla formazione giovanile e combattere seriamente la precarietà del mercato del lavoro. Perché di conseguenza l’aiuto sociale tenderà a diventare un grande baule d’argento a “sostegno” delle persone che nessuno desidera (più) nel mercato del lavoro o che faticano a vivere dignitosamente a causa di una scarsa retribuzione.
Matteo Piatti, Losone