Dopo la discarica, più zona Sac
È una delle rivendicazioni del Patriziato di Biasca, che accoglie favorevolmente il progetto cantonale
Al di là di qualche critica, l’ente risponde a un’interpellanza elencando gli aspetti positivi: sistemazione del comparto e importanti entrate
“Non esistono alternative”. Pur non lesinando alcune osservazioni critiche al progetto di realizzare una discarica cantonale per rifiuti edili non riciclabili in zona Buzza – che una volta piena verrebbe completamente sistemata – in definitiva il Patriziato di Biasca conclude che “alternative nostre non sono state valutate, né ritenute necessarie o economicamente sostenibili”. È quanto risponde il presidente Elio Rè all’interpellanza inoltrata all’Ufficio patriziale da Fabrizio Totti, membro del gruppo ‘Loderio c’è’ e primo firmatario della petizione contro la discarica firmata da 1’740 persone. La risposta è giunta durante la seduta di Consiglio patriziale avvenuta nel mese di dicembre, pochi giorni dopo lo scadere del periodo di consultazione delle modifiche del Piano direttore cantonale nel quale è inserita la discarica. “Con questo progetto – spiega il presidente del Patriziato di Biasca – si riuscirà a completare in maniera definitiva la sistemazione ambientale e agricola del comparto Buzza”. L’Ufficio patriziale ammette che il progetto presenta pregi e difetti ma sottolinea che con la sua realizzazione si potrà ottenere una “sistemazione definitiva in tempi relativamente brevi” e si potrà scrivere definitivamente la parola fine allo sfruttamento del comparto con la cessazione dell’attività di lavorazione. Tra gli aspetti negativi della discarica, che “stravolgerà ancora una volta la morfologia della Buzza” (dopo essere stata usata come zona di estrazione per le strade nazionali e poi come deposito di materiale dallo scavo per il tunnel AlpTransit), Elio Rè cita nuove immissioni di polveri fini derivanti dal trasporto su gomma e disagi dovuti alla gestione della discarica soprattutto per gli abitanti delle frazioni di Loderio e Rampéda, all’estremo nord di Biasca. Viene poi fatto notare che questa zona è particolarmente importante dal punto di vista agricolo – viene sfruttata come pascolo comunitario – anche se attualmente è sottovalutata. La richiesta inviata dal Patriziato al Dipartimento del territorio va proprio in questa direzione: rivalutare e ampliare al massimo la zona agricola Sac e il terreno destinato a uno sfruttamento estensivo. Ulteriore richiesta all’indirizzo del Cantone è quella di pianificare l’attività della ditta Scerri – attualmente attiva sul sedime con un contratto che scade a dicembre 2024 – in modo da poter discutere la scissione del contratto.
Parecchi milioni dal comparto Buzza
Ma quanto frutterà al Patriziato biaschese la nuova discarica? Ancora non si sa, non essendo ancora stato sottoscritto alcun contratto o dichiarazione di intenti tra l’ente locale e il Cantone. “Riteniamo che al Patriziato potrebbe essere corrisposto un indennizzo per m3 di materiale depositato, la presa a carico di interventi di miglioria e non è da escludere l’esproprio di parte di territorio”, viene per ora ipotizzato da Elio Rè. La nuova discarica potrebbe dunque continuare a far confluire importanti liquidi nelle casse patriziali. È risaputo, si legge nella ri-
sposta, “che l’attività della ditta Scerri e il materiale AlpTransit hanno portato nelle casse del Patriziato parecchi milioni”. Soldi che dagli anni 70 in avanti hanno permesso all’ente di “mantenere le voci di gestione, recuperare testimonianze del nostro passato e creare investimenti
sul territorio”. Un esempio fra tutti l’edificazione del palazzo patriziale in centro a Biasca, costato circa 13 milioni. Alcuni dettagli vengono inoltre forniti sui contenuti della prevista discarica: il Cantone, precisa il presidente del Patriziato, controllerà che non venga depositato
materiale inquinato o inquinante. A essere portato qui sarà, per il 60%, materiale di scavo; l’altro 40% sarà composto da rifiuti edili. Stando alle stime, verranno depositati circa 150’000 m3 all’anno per un totale – in un lasso di tempo di una decina d’anni – di 1,4 milioni di m3.