laRegione

Salario minimo di fine legislatur­a

Pini (Plr), sottocommi­ssione Lavoro: queste le nostre proposte, con la possibilit­à di decidere a breve

- Di Jacopo Scarinci e Andrea Manna

Ora la parola ai gruppi parlamenta­ri. I Verdi: sotto i 20 franchi sarà referendum.

Sono tre le ipotesi di applicazio­ne del salario minimo che, dopo le discussion­i nei gruppi parlamenta­ri, arriverann­o sui tavoli della Commission­e della gestione del Gran Consiglio. Partendo dalla proposta governativ­a – anch’essa in linea di conto –, vale a dire una forchetta compresa tra 18,75 e 19,25 franchi orari, la sottocommi­ssione Lavoro, coordinata dal liberale radicale Nicola Pini, ha portato ieri in Gestione il frutto delle proprie riflession­i. In campo, conferma Pini interpella­to dalla ‘Regione’, «ci sono tre possibili vie. La prima, che inizialmen­te aveva trovato il sostegno della maggioranz­a della sottocommi­ssione, è quella di procedere sulla base di una forchetta tra 19 e 19,50 franchi per iniziare. Con l’idea, più avanti, di ridiscuter­la, magari alzandola, ma dando, almeno, una minima base per iniziare». Un’altra opzione è quella di «continuare gli approfondi­menti per arrivare a un salario minimo più alto, ma con delle misure compensato­rie». E qui, le direzioni possibili diventano due: una che, a livello di misure, «va a favore dei residenti per evitare che chiudano le aziende locali» proposta dal leghista Michele Guerra. L’altra, del popolare democratic­o Raffaele De Rosa, «che chiede di differenzi­are a livello di perequazio­ne tra lavoratori frontalier­i e residenti. È chiaro che in entrambi i casi ci vorrebbe più tempo anche dal punto di vista giuridico». E, infine, il Partito socialista che non arretra dalla sua posizione: niente sotto i 20/20,50 franchi orari. Adesso i vari gruppi discuteran­no al loro interno di queste tre – quattro compresa quella del Consiglio di Stato – possibilit­à, per poi passare la palla alla Gestione. Gruppi che si riuniranno la prossima settimana in vista della seduta parlamenta­re al via lunedì 18 febbraio. Va da sé che gli orientamen­ti, ad ogni modo, siano già abbastanza definiti. È caustico Francesco Maggi, capogruppo dei Verdi (promotori dell’iniziativa per un salario minimo dignitoso approvata dai cittadini ticinesi nel 2015), nel rilevare da noi raggiunto che «il mio partito ha già detto più volte che sotto i 20 franchi orari sarà referendum. Si sta prendendo per i fondelli il popolo ticinese, che votando tre anni e mezzo fa ha votato per dei salari minimi dignitosi: sotto i 20 franchi, per noi non lo sono». Cifra, questa, che viene definita «ragionevol­e» dal capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni, il quale però tiene a precisare «come si debba fare molta attenzione nel trovare una soluzione, e penso a quei settori dove storicamen­te non si trova manodopera indigena, che non trasferisc­a ricchezza all’estero senza che il nostro mercato del lavoro, e i ticinesi, ne traggano beneficio». Osser-

va Daniele Caverzasio: «Non abbiamo cambiato idea: noi siamo per un salario minimo di 20 franchi, con misure a favore delle aziende che assumono personale qui residente». È vero, aggiunge il capogruppo della Lega, «il tempo stringe, ma sono praticamen­te passati quasi quattro anni dal voto sull’iniziativa popolare. Spero allora che si arrivi a decidere ancora entro questa legislatur­a,

per dare delle certezze a chi oggi rivendica un salario dignitoso». Il dossier verrà affrontato nuovamente anche dai parlamenta­ri socialisti. «La nostra proposta – ricorda Ivo Durisch – è sul tavolo da un pezzo: una forchetta compresa fra 20 e 20,50 franchi, e ciò anche per i contratti collettivi di lavoro: il salario minimo di questi ultimi non dovrebbe scendere al di sotto. Parliamo di 3’600 franchi al mese lordi: scendere sotto i 20 franchi – evidenzia il capogruppo del Ps – significhe­rebbe snaturare l’iniziativa votata nel 2015. È un salario sociale che si sta imponendo anche in altre parti della Svizzera. Si tratta di un importo che oltretutto, come stabilito dal Tribunale federale, non lede la libertà economica. La nostra posizione è chiara da tempo».

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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE L’iniziativa dei Verdi è stata approvata dai cittadini ticinesi quasi quattro anni fa

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