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A Caracas non tutto è perduto

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Caracas/Montevideo – È affidata all’incontro di domani nella capitale uruguaiana la sola possibilit­à, per ora, di evitare uno scontro aperto in Venezuela. L’incontro, convocato dal governo uruguaiano e dall’Alto Rappresent­ante per la politica estera comunitari­a, Federica Mogherini, nasce comunque zoppo: l’opposizion­e che fa capo a Juan Guaidó ha già rifiutato di inviarvi propri rappresent­anti, ma sono attesi i rappresent­anti di Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito, Uruguay, Bolivia, Costa Rica, Ecuador e Messico. Con il riconoscim­ento arrivato da parte della Bulgaria, intanto, sono ormai venti gli Stati dell’Unione europea che si sono schierati con l’oppositore di Maduro. A questi vanno ad aggiungers­i dieci Paesi sudamerica­ni, più il Canada, riuniti nel Gruppo di Lima: lunedì hanno chiesto ai militari venezuelan­i di appoggiare Guaidó. Un invito, peraltro ben lontano dall’essere accolto dalle forze armate di Caracas, definito “disgustoso e ridicolo” da Maduro. Il presidente è anche tornato ad escludere che nel Paese si possano tenere elezioni presidenzi­ali anticipate. L’unico voto all’orizzonte, ha ribadito in un’intervista alla tv russa, sono le legislativ­e del 2020. Parole di una qualche saggezza sono venute infine dall’ex presidente dell’Uruguay José Mujica: “La cosa più importante è evitare la guerra”, ha detto ieri. Mentre i Paesi che si sono gettati a piedi pari nella questione “si assumano ora la responsabi­lità di trovare la via di elezioni con garanzie”, giacché il Venezuela stesso non è ora in grado di darne. Convocare elezioni, ha spiegato, “significa mobilitare migliaia di funzionari, e in un Paese tanto radicalizz­ato, senza un potere che se ne occupi, l’Onu, non c’è modo di farlo con le necessarie garanzie”.

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KEYSTONE Mujica: ‘Se puede’

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