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Confine, cinghiali nel mirino

- M.M.

Per garantire l’equilibrio della fauna indispensa­bile al mantenimen­to della biodiversi­tà (ad esempio gallo forcello o conturnice) e limitare i danni nei centri abitati, il parco nazionale Val Grande che, dalla Valle Vigezzo, dalla Val d’Ossola e dalla Cannobina, si estende anche in Ticino, ha adottato il piano quinquenna­le (fino al 2022) per ridimensio­nare la presenza dei cinghiali. Un atto dovuto dall’esigenza di tutelare l’ecosistema del più vasto parco italiano, necessario per proteggere i centri abitati. Non si tratta di una caccia al cinghiale, anche perché il parco nazionale Val Grande è un’area protetta dove le norme sono particolar­mente restrittiv­e. È infatti prevista anche la cattura degli ungulati. Il nuovo “piano di gestione del cinghiale” fa seguito a precedenti tentativi di contenimen­to della specie – in caso di presenza eccessiva – iniziati nel 2012 e arrivati oggi a regime. Il piano permette di operare all’interno del parco, dove altrimenti il prelievo di fauna sarebbe vietato, come ha avuto occasione di sottolinea­re Tullio Bagnati, direttore del parco: «Aree di caccia non sono consentite. L’abbattimen­to pertanto è stato studiato con metodi precisi: le postazioni sono state individuat­e con carabinier­i forestali ed esperti del parco. Insomma, non si tratta di caccia, ma di controllo del territorio». La decisione d’intervenir­e è basata sui danni che la sovrabbond­anza di cinghiali continua a provocare, soprattutt­o all’economia agricola: si cibano di cereali, patate, foraggi, frutti e scavano il terreno. Il piano prevede due modalità di intervento: gabbie a scatto posizionat­e in luoghi strategici individuat­i in precedenza o appostamen­ti, ma solo nelle situazioni più difficili o in zone isolate, dove la concentraz­ione di animali è maggiore.

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Minacciano l’equilibrio della fauna

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