Ginevra dichiara guerra a Uber
Il consigliere di Stato Mauro Poggia: ‘O queste società si adeguano, o se ne vanno’
Ginevra dichiara guerra all’‘uberizzazione’ del mondo economico e alla conseguente precarizzazione dei lavoratori attivi come autisti e corrieri: il consigliere di Stato Mauro Poggia – che ha rilevato il dossier da Pierre Maudet – annuncia un giro di vite contro tendenze che non esita a definire barbariche e contrarie alla tradizione elvetica. “La Svizzera è il paese della pace sociale, è ora che i grandi gruppi americani lo capiscano”, ha affermato ieri Poggia in due distinte interviste, una diffusa dalla radio romanda Rts e l’altra pubblicata dalla ‘Tribune de Genève’. “Il modello Uber trasferisce tutti i rischi d’impresa sui singoli: su indipendenti che di indipendente hanno solo il nome e che vivono in condizioni precarie, senza assicurazioni”. Poggia ha ricordato che nel cantone esiste una legge sui taxi, che fissa delle condizioni di lavoro e di protezione degli impiegati, e mette Uber davanti a un’alternativa: “O assume gli autisti come salariati e rispetta le regole, oppure questi ultimi si affiliano a una cassa di compensazione con uno statuto di indipendente riconosciuto”. Quest’ultima alternativa non è così semplice, ha precisato Poggia: bisogna dimostrare di essere in grado di far fronte ai propri bisogni e che non si dipende da un solo cliente. “In base alle mie informazioni la gran parte degli autisti dipende direttamente da Uber”. Il consigliere di Stato ha poi ammesso che vi è un problema di costo dei taxi, in Svizzera più cari che all’estero. “Credo che in questo campo vi sia del lavoro da fare, da parte delle associazioni professionali, per rendere il servizio pubblico più attrattivo”. Per Poggia però non è in nome del prezzo più basso che bisogna accettare che i lavoratori non abbiano più protezione. Queste realtà “che ritengono di non dover rendere conto a nessuno – ha poi aggiunto l’esponente del Mouvement Citoyen Genevois (Mcg) – hanno una visione sconnessa delle cose. Sono paragonabili a invasioni barbariche che si insediano e che sfruttano la situazione fino a quando non trovano ostacoli sulla loro strada. Da noi esiste una tradizione decennale di partenariato sociale, abbiamo contratti collettivi e leggi di protezione dei lavoratori: o questi nuovi attori si adeguano, o se ne vanno, devono scegliere”.