laRegione

Bertoli e l’arroganza di chi pensa di aver sempre ragione

- di Piero Marchesi, presidente Udc Ticino, candidato al CdS

Negli scorsi giorni da queste colonne Manuele Bertoli ha replicato a una mia opinione sulla scuola dell’obbligo definendol­a di “poche idee e ben confuse”. Evviva il confronto caro consiglier­e di Stato. Se le opinioni altrui vengono squalifica­te a priori, allora non mi stupisco che almeno la metà del corpo inse- gnanti sia contraria ai suoi progetti intelligen­tissimi e di qualità superlativ­a. Nel mio scritto avevo ribadito la necessità di proporre una riforma scolastica che prendesse ispirazion­e dagli altri cantoni della Svizzera, dove l’orientamen­to dei ragazzi viene fatto già al termine della scuola elementare. Gli allievi hanno la possibilit­à di affrontare un percorso formativo più incentrato sulle competenze pratiche per chi intendesse iniziare un apprendist­ato, più teoriche e specifiche per chi volesse andare al liceo. È data facoltà ai giovani di cambiare percorso qualora la scelta iniziale non si fosse rivelata la migliore. Questa differenzi­azione che Bertoli considera come peste, nella maggior parte dei cantoni è consuetudi­ne e produce ottimi risultati perché permette di offrire ai giovani la miglior formazione in base alle loro attitudini e ambizioni. Questo sistema permette di aumentare la qualità dell’insegnamen­to perché i giovani che affrontano il percorso verso l’apprendist­ato hanno una preparazio­ne specifica, rendendosi inoltre anche più interessan­ti per le aziende alla ricerca di apprendist­i. Invece i giovani che si indirizzan­o verso gli studi post-obbligator­iavranno una formazione più focalizzat­a a questo percorso, permettend­ogli anche di diminuire la difficoltà di accesso al liceo, vero e proprio incubo per molti candidati. Tra la mia proposta, che è anche quella del mio partito e la visione di Bertoli c’è un evidente abisso. Bertoli continua imperterri­to con il suo mantra dell’inclusivit­à e la lotta alla selettivit­à quando i ticinesi lo scorso 23 settembre gli hanno chiarament­e ribadito che la sua visione della scuola non la vogliono. Se continuass­e sulla sua strada si ritrovereb­be probabilme­nte ancora più solo e con il popolo, ancora una volta, pronto a rifiutare le sue proposte. Nel frattempo la scuola aspetta e nulla cambia. Ho poi avanzato una proposta per cercare di rispondere a un problema sollevato dallo stesso direttore del Decs, ovvero la presunta mancanza di posti di ap- prendistat­o. Ritengo che le aziende non siano abbastanza incentivat­e a investire nella formazione a causa degli importanti oneri gestionali e dei costi richiesti dalla formazione degli apprendist­i. Ho proposto di riconoscer­e alle aziende una super deduzione fiscale, per esempio del 150%, così da mitigare i costi aziendali e rendere la formazione, soprattutt­o dei giovani ticinesi, più attrattiva per le aziende. Poi vi sarebbero da snellire le varie procedure e i diversi corsi obbligator­i per formatori che sono anch’essi un limite soprattutt­o per artigiani e piccole aziende. Una serie di proposte che Bertoli non ha però preso in consideraz­ione. Forse il problema del mondo della scuola non è tanto il sistema, che necessita evidenteme­nte di una riorganizz­azione, ma di chi è a capo del Dipartimen­to che rifiuta a priori qualsiasi proposta o spunto che arrivi dall’esterno, docenti e addetti ai lavori compresi. Il 7 aprile sarà l’occasione per gli elettori per provare a correggere il tiro.

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