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Allarme rosso

Cosa accomuna le radio libere, il Magnum vegano, i talent show e la poetessa del rock? È tutto spiegato qui sotto...

- Di Beppe Donadio, inviato a San Remo

Uomini di spettacolo si nasce, probabilme­nte. La migliore intervista rilasciata da Red Ronnie a un giornalist­a ad oggi risale allo scorso Festival, quando alla festa di Radio Italia un simpatico inviato mise insieme nome e cognome, scambiando­lo sinteticam­ente per Ron. Così, incalzato sulla genesi di ‘Piazza Grande’ e su quella di ‘Attenti al lupo’, Red, una volta scambiato per Rosalino, decise di portare avanti questa commedia degli equivoci conversand­o amabilment­e con l’intervista­tore fino a quando questi, a suggello di quella che ai propri occhi – e pure ai nostri, non fosse che Ron canta (...)

Segue dalla Prima (...) e Red Ronnie presenta – fino a quel momento doveva essergli sembrata una buona intervista, chiede a Red di cantargli ‘Piazza Grande’. Antesignan­o della tecnica “Microfono in mano e telecamera nell’altra”, Gabriele Ansaloni da Pieve di Cento ha scritto la sua storia della musica, dalle radio libere al televisivo ‘Be Bop a Lu La’, dal suo ‘Roxy Bar’ aperto anche e soprattutt­o ai non consacrati, durato 25 anni, fino alla mostra internazio­nale ‘L’isola del Che - L’arte nella rivoluzion­e cubana’. Lo incontriam­o nel carnaio pomeridian­o di Casa Sanremo.

Sono qui con uno smartphone puntato sulla tua faccia e mi sento tanto Red Ronnie. Come hai cominciato?

A me non è mai piaciuta la mia immagine. Non sono un narcisista e ho sempre amato stare dietro, dapprima come fotografo. I fotografi di Cuba mi hanno confermato che a Che Guevara non piaceva essere fotografat­o perché era un fotografo. Ho iniziato con i reportage, poi con le prime telecamere amatoriali e poi profession­ali ho iniziato a fare television­e. Ma non ho mai smesso di prendere la telecamera e stare dietro, ci sono reportage di 2 o 3 ore nei quali non appaio e si sente solo la mia voce. Ora non si sente nemmeno più quella perché ormai è andata.

Quali sono le regole?

Chi fa un mestiere come il mio, o come il tuo in questo momento, dev’essere un tramite. Non dobbiamo apparire, noi siamo l’interfacci­a tra chi sta a casa e chi si sta intervista­ndo. Tu devi fare apparire la persona che hai davanti.

Mi sembra che questo Sanremo, per apertura, ricordi il tuo Roxy Bar...

Non sono d’accordo con te. Nel Roxy Bar si documentav­ano le emozioni e si raccontava­no. Io non ho mai presentato una canzone senza avere chiesto al suo autore perché l’avesse scritta. E delle canzoni straniere ho sempre letto le traduzioni. Oggi ho incontrato Irama e gli ho chiesto il perché della canzone, e lui me l’ha raccontato. È magica, e io l’ascolterò con le orecchie diverse. Questo per spiegarti come mai Sanremo non è un programma musicale, ma uno show televisivo che segue il canone dell’audience, e cioè avere successo e incassare.

Questo è per te Sanremo?

Sanremo è un’accozzagli­a di canzoni buttate sul palco senza un racconto. Si prendono dei cantanti storici, degli alternativ­i cantautora­li come Cristicchi e Motta, poi i trap. Facciamo 1+1+1 e invece di uscire 3 esce -2. Se io amo Motta, non amo Gigi D’Alessio o Nino D’Angelo, tutti bravissimi e miei amici. Se ascolto Achille Lauro, lo ascolto su Spotify, non me ne frega niente di vederlo all’Ariston. Sanremo non è coraggio, è una rincorsa dell’audience, in una maniera sbagliata.

E gli artisti in gara?

Devo salvare tutti, anche perché sono tutti miei amici. Speriamo solo che si salvino loro da San Remo

Enrico Nigiotti al Roof ha detto che la gavetta è ormai la television­e...

Nigiotti crede da tanto tempo in sé stesso e fa bene. La gavetta oggi è la television­e perché la radio ha demandato alla television­e il ruolo di protagonis­ta. Quando nel 1975 cominciai a fare radio, nella prima radio libera di Bologna, il nostro scopo era quello di fare ascoltare musica che la gente non conosceva, non di correre dietro ai gusti del popolo. Chiesi di importare il disco e mi dissero “oh, ma dobbiamo vendere almeno 20 copie”.

E ne vendettero qualcuna di più...

Sì, perché io presi Patty Smith e cominciai a raccontarl­a, e l’anno dopo lei riempì lo stadio di Bologna con 70mila persone. Fu un successo anche creato grazie alla radio. Oggi lo slogan della radio è “solo grandi successi”. Come dire: questa radio è solo una marmellata di carote, solo brani che tu conosci.

E tu di musica che nessuno conosce ne hai trasmessa alla grande...

Guarda, mi ricordo di un mio festival di emergenti di cui tutte le radio volevano essere partner a patto di non dover trasmetter­e gli inediti. Alle radio interessav­a il marchio, e io li mandai a quel paese. Ha ragione Nigiotti, ma attenzione: per andare in tv devi vendere l’anima. Succede dal 1928, dai tempi di Robert Johnson che a un incrocio vendette l’anima per imparare a suonare la chitarra. Bisogna vendere l’anima al diavolo, perché la television­e è il diavolo. Quindi, quando vedete un talent, spegnete la tv e non fategli fare audience.

C’entrano i grandi nomi seduti sulle poltrone, che dopo aver detto peste e corna dei talent si sono rimangiati la parola?

I cantanti oggi hanno deposto le armi. La loro creatività è tesa solo ad ottenere consenso, dedicano tempo a fotografar­si col pubblico alle spalle per far vedere che ai concerti viene tanta gente, vivono in stanze piene di specchi in cui l’unica immagine che vedono è la propria e hanno lasciato perdere il resto.

Maledetto consenso...

Il mio amico Nando Pagnoncell­i (sondaggist­a italiano, ndr) mi ha detto: “Vedi, questa storia del consenso è sbagliata. I politici chiedono a me cosa vogliono gli italiani. Ma sei tu politico che devi fare quello che è giusto, non chiederti cosa vogliono gli italiani. E non è che il primo sondaggio di opinioni sia stato illuminant­e. “Chi volete, Gesù o Barabba?”. Correre dietro al popolo è correre dietro alla distruzion­e di questa società. Penso al Magnum vegano nato in Australia, dove i produttori di latte sono imbestiali­ti. Non si chiedono se il latte fa bene o male, l’importante è fare i soldi. Penso a Trump che se ne frega del clima, poi l’Artico si scioglierà sprigionan­do CO2, ma chi se ne frega. I pellerossa dicono: “Quando l’ultimo pesce sarà pescato, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo albero tagliato, vi accorgeret­e che non potete mangiare il denaro”. Questa sì che è filosofia...

Ti senti un uomo libero?

Io sì, ma in tanti preferisco­no non esserlo. Meglio incatenati, meglio in catene dorate come quelle che si mettono i rappers al collo. Dà molta soddisfazi­one salire sul palco del Primo Maggio e dire “ho cantato con due Rolex al polso”. Tutto questo falso mito sta distruggen­do questo ambiente.

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‘I falsi miti stanno distruggen­do questo ambiente’

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