laRegione

Sulla Brexit si parla e non si dice

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Londra/Bruxelles – Unione europea e Regno Unito continuera­nno a parlarsi fino all’ultimo. Ma gli argomenti si stanno esaurendo e, francament­e, anche le capacità di trovarne di nuovi. Theresa May, volata ieri a Bruxelles per l’ennesimo incontro con i vertici europei ai quali illustrare ipotetiche nuove proposte e dai quali elemosinar­e una qualche apertura da esibire come “successo” di ritorno a Westminste­r, si è trovata davanti un Jean-Claude Juncker insolitame­nte misurato (niente baci e abbracci) e una sorpresa probabilme­nte non così apprezzata: quella (supposta) disponibil­ità europea a considerar­e la proposta di Labour Jeremy Corbyn, pronto a sostenere l’intesa a Westminste­r, se il Regno Unito resterà nell’Unione doganale. La proposta del nemico, insomma. Se, in questo scenario, le agenzie trovano modo di ipotizzare “nuovi spazi” di trattativa, può solo significar­e che qualcosa non funziona. Non nella comunicazi­one. Comunque: per accelerare sul negoziato, il ministro per la Brexit, Stephen Barclay ed il caponegozi­atore della Ue Michel Barnier si vedranno lunedì a Strasburgo, mentre i team tecnici saranno già al lavoro. Un punto della situazione è fissato per fine mese, quando May sarà di nuovo in trasferta da Juncker. La strada è complicata, prima di tutto perché May, incalzata da Tory e Dup, insiste sulla necessità di cambiament­i “legalmente vincolanti” per evitare che il Regno Unito resti “intrappola­to” nel backstop, il sistema di garanzia per mantenere i confini irlandesi aperti, contenuto nell’Accordo di uscita. I 27 invece non hanno alcuna intenzione di rinegoziar­e il Trattato, né vogliono depotenzia­re l’impatto di un’eventuale entrata in vigore del backstop. Parleranno sino all’ultimo, ma così, per parlare.

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KEYSTONE Ehm...

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