Nemici ideali, dall’Aquarius a Battisti all’Africa
Neanche il tempo di insediarsi al governo, e i grilloleghisti trovarono nel presidente francese il nemico ideale. Già in giugno, chiusi i porti italiani ai migranti dell’Aquarius, la politica del nuovo esecutivo si guadagnò il titolo di “vomitevole” da parte del portavoce di En Marche, partito di Macron. Convocato al Ministero degli esteri l’ambasciatore Christian Masset. Passano pochi giorni, e Macron evoca una avanzata della “lebbra populista” anche in un Paese dove non ci si sarebbe aspettato. Salvini: “È un signorino tirato su a champagne”. Ed è ancora l’immigrazione ad alimentare la polemica. In ottobre, scoppia il caso dei respingimenti di migranti da parte degli agenti francesi al confine di Clavière, definito da Salvini un “atto ostile”. Le scuse di Macron non sono state accettate da Salvini: “Non venga a darmi lezioni”. Quando irrompono sulla scena i gilet gialli, si perde ogni ritegno. Il primo è Luigi di Maio: “Non mollate”, scrive ai gilet gialli che da settimane manifestano contro le politiche di Macron. “Salvini e Di Maio imparino a fare pulizia in casa loro”, la replica di Parigi. Per non essere da meno, Salvini si professa “vicino al popolo francese, a milioni di donne e uomini che vivono in Francia con un pessimo governo e con un pessimo presidente della Repubblica”. Poi, tornato Di Battista dalle sue vacanze terzomondiste, la polemica vira sulla politica neocoloniale francese. Un Di Maio particolarmente ispirato, accusa Parigi di sfruttare l’Africa, impoverendola con il Franco Cfa e costringendo gli africani a emigrare. Il 21 gennaio Parigi convoca l’ambasciatrice italiana Teresa Castaldo, definendo le dichiarazioni “ostili e senza motivo”. All’indomani dell’arresto di Cesare Battisti in Bolivia, si riapre un’altra polemica: “Con la Francia – avverte Salvini – ho un po’ di conti aperti perché ospita da troppi anni terroristi, assassini e delinquenti fuggiti dall’Italia”. E, concludendo per sommi capi, nei giorni scorsi Di Maio e Di Battista visitano un gruppo di gilet gialli guidati dall’esponente dell’ala dura Christophe Chalençon. Macron richiama l’ambasciatore.