Da Montevideo la prima mossa per Caracas
Caracas – La conferenza internazionale di Montevideo sul Venezuela ha sollecitato ieri la convocazione di “elezioni presidenziali al più presto, l’ingresso degli aiuti umanitari” nel Paese, insieme all’interruzione di qualsiasi tipo di repressione. Il documento finale dell’incontro – il primo tentativo di mediazione nella crisi venezuelana – è stato letto dal ministro degli Esteri uruguaiano, Rodolfo Nin Novoa, e dall’Alto rappresentante Ue per gli Esteri, Federica Mogherini. Il testo ufficiale della dichiarazione contrasta fortemente con una versione precedente – diffusa dai media locali mentre la riunione era ancora in corso – nella quale non si faceva cenno né alle elezioni presidenziali né all’assistenza umanitaria. Questi due punti, così come i riferimenti alle violazioni dei diritti umani, erano fra le esigenze formulate da Juan Guaidó, il presidente del parlamento venezuelano che ha assunto i poteri dell’esecutivo, per accettare qualsiasi mediazione internazionale. Solo la Bolivia – l’unico Paese apertamente schierato con il governo di Maduro nella riunione di Montevideo – non ha firmato la dichiarazione. Mogherini ha spiegato che la delegazione boliviana non ha voluto bloccare il consenso o abbandonare il gruppo, e ha preferito segnare il suo dissenso astenendosi dalla firma. Anche il presidente autoproclamato si è rivolto ieri al Vaticano, chiedendo di mediare nella crisi. Nella guerra di posizione tra i due schieramenti a Caracas, l’appoggio del Papa può essere decisivo per le sorti di un Paese fortemente cattolico. Ci aveva provato prima il presidente dimezzato Maduro con un appello a facilitare un generico dialogo. Adesso è il turno di Guaidó che ha chiesto a Bergoglio una mano per porre “fine dell’usurpazione, per un governo di transizione”, che conduca a “elezioni veramente libere in Venezuela, al più presto”. Il Vaticano ha risposto che sta verificando se esistano le condizioni per una mediazione, che al momento tuttavia non sembrano esserci.