Salvini al sicuro sulla Diciotti
Roma – Non si voterà prima del 19 o del 20 febbraio sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Lo ha comunicato ieri il presidente della Giunta del Senato Maurizio Gasparri. Salvini, secondo il Tribunale dei ministri di Catania, deve rispondere di sequestro di persona, per avere trattenuto a bordo della nave Diciotti, impedendo loro di sbarcare, i 170 migranti che vi si trovavano. Privandoli cioè di libertà di movimento senza che rappresentassero un qualche pericolo per qualcuno. Piegando così la legge alla convenienza politica. Come si direbbe in un Paese in cui vige ancora lo Stato di diritto. Ma l’Italia che applaude Salvini, ad ogni migrante respinto lo è sempre meno. E che Salvini la farà molto probabilmente franca lo fa intendere il cordone di sicurezza stesogli attorno dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dagli alleati 5 Stelle. I quali avevano dapprima annunciato che avrebbero votato a favore della richiesta di autorizzazione a procedere; salvo poi ricredersi quando Salvini aveva cambiato idea in proposito, passando dalla mascella quadrata – “mi vogliono processare? lo facciano, me ne frego!” – a una più insinuante vocina: chi processa me processa l’intero governo. Ricevuto il messaggio, il fido Conte ha agito di conseguenza. E ha anch’egli consegnato ai commissari una memoria che è tutta un “le determinazioni assunte in quell’occasione dal ministro dell’Interno”; “azioni poste in essere”; “interlocuzioni con le autorità maltesi”. Quella ben nota langue de bois, al cui confronto i più fumosi testi di Ciriaco De Mita erano acqua limpida. Il tutto a lode e vantaggio del Salvini suddetto. Il quale, oramai certo dello scampato pericolo, ha potuto spingere in fuori il petto: “Sono tranquillissimo, se difendere i confini del mio Paese comporta e comporterà altre denunce sono prontissimo ad affrontarle”. Tanto c’è chi si butterebbe nel fuoco per lui.