I cercatori di luce
La videoinstallazione con Ángela Molina dell’artista Giuliana Cunéaz presentata al PalaCinema
«È la realizzazione di un sogno, di un grande progetto che avevo nel cassetto». Così l’artista aostana Giuliana Cunéaz introduce la sua videoinstallazione “I cercatori di luce”, coloro che «non si rassegnano alle tenebre». L’occasione di scrivere di tenebre, luce, arte e della sua forza come motore della riflessione ci è stata data ieri dalla presentazione dell’intrigante videoinstallazione, al PalaCinema di Locarno. Un progetto in corso d’opera, cui ha preso parte l’attrice spagnola Ángela Molina – celebre per le sue interpretazioni in film di registi quali Buñuel, Almodóvar, Scott, Tornatore, Bellocchio –, reso possibile anche grazie al sostegno del Conservatorio internazionale di scienze audiovisive (meglio conosciuto come Cisa) e al lavoro di riprese che ha coinvolto alcuni studenti. Tecnicamente, si tratta di una videoinstallazione a carattere immersivo, in cui un paesaggio nanomolecolare in tre dimensioni fa da scenario ad attori, ballerini e performer: un amalgama fra ambienti virtuali e visionari e personaggi, dai ruoli ben definiti. “I cercatori di luce” è un lavoro ampio che culminerà nella presentazione di un mediometraggio di circa 20 minuti, che sarà proiettato in anteprima al PalaCinema, a settembre 2019.
Preambolo: performance dal vivo
Il suono non lo ricordiamo, ci sono però rimasti impressi i gesti – prima secchi poi fluidi e liberi – della danzatrice Giulia Staccioli (fondatrice dell’Accademia Kataklò, compagnia di danza che partecipa al progetto), che ha interpretato la simulazione di un rituale. Oltre ai movimenti, catalizzatore dell’attenzione è anche il suo costume che pare scolpito nel marmo. In merito ai costumi, Cunéaz racconta di averli ideati ispirandosi al mondo della natura (minerale, vegetale e così via). La realizzazione è frutto della collaborazione con la Nuova accademia di belle arti di Milano (Naba), grazie anche all’apporto della Scuola can- tonale di arti e mestieri della sartoria di Biasca. Seppur nella sua forma embrionale, il progetto illustrato ieri incuriosisce, siamo usciti dal PalaCinema con la curiosità viva dei bambini, consci di aver “assaggiato” un’opera che ci ha stimolato “la fame” di vederla finita. Ai margini della presentazione, ci siamo intrattenuti con l’artista aostana e l’attrice spagnola, per quattro chiacchiere fugaci; quasi epifanie.
Manifestazione 1: Giuliana Cunéaz
«La luce (tema dell’opera, ndr) è metafora della conoscenza», chiarifica l’artista aostana, esponente di spicco della ‘new media art’. Il suo percorso in ambito artistico ha inizio negli anni Novanta e per raccontare l’approdo a questo nuovo lavoro, parte con una contestualizzazione. «Ho iniziato sin da subito a lavorare sulle installazioni (ambientali, spaziali); successivamente mi sono dedicata al video. Ma, sentivo che mancava qualcosa. Nel mio lavoro ho sempre cercato un’idea di totalità». Succede che nel 2003, l’artista scopre il 3D e comprende che sarebbe stato il mezzo espressivo giusto per lei: «Avevo a disposizione uno strumento che contiene in sé tutte le discipline della storia dell’arte (disegno, cinema, teatro, fotografia, pittura...), soprattutto: tridimensionale e in movimento. Per me è stata una vera rivelazione». L’opera presentata ieri, confessa l’artista, è per lei importantissima: «Sono alcuni anni che l’avevo nel cassetto. Mi sono resa conto che dovevo realizzarla, per forza». Si tratta di un lavoro che nasce da un’urgenza e la stessa Cunéaz non nasconde sia un’opera ambiziosa, sia per i mezzi molto all’avanguardia, sia per il coinvolgimento di danzatori, performer e attori. Per quanto concerne il contenuto della videoinstallazione, alle sue radici c’è l’idea della resistenza dei “Cercatori” all’oscurità, il rifiuto di abbandonarsi alle tenebre; quelle metaforiche di pensiero e azioni. «Stiamo vivendo in un tempo di terrore, dove la paura ci viene propinata tutti i giorni. Ciò è estremamente pericoloso e non sono d’accordo con questo tipo di messaggi». Fortunatamente, continua, «tante persone nel mondo continuano a credere che la diversità sia ricchezza». Il messaggio dei “Cercatori di luce” contempla l’accettazione della diversità, ma parla anche della necessità di ricreare armonia fra l’essere umano e l’ambiente; del rispetto per la terra. «Vuole essere anche un omaggio al lavoro, alla fatica e alla passione». Poco prima di lasciarla, chiediamo ancora perché ha coinvolto Ángela Molina: «Non ho mai avuto grandi miti; ma lei per me lo è stato. L’ho amata fin da subito e la ritengo una grande attrice per le sue capacità». Emblematicamente rappresenta, anche nell’installazione, le dimensioni terrestre e celeste: «È la femminilità estrema, la bellezza assoluta che non ha paura del tempo». L’artista teneva tantissimo alla sua partecipazione e quando le ha risposto di sì, «è stato un momento di gioia». (www.giulianacuneaz.com/glc/)
Manifestazione 2: Ángela Molina
Offertaci una caramella alla liquirizia, l’attrice, con la cadenza melodica degli ispanofoni che ipnotizza, racconta del percorso, «dalla terra fino all’infinito», de “I cercatori di luce”, cui ha deciso di partecipare «per colpa di Giuliana (ride, ndr)». A convincerla è stato il racconto del progetto, di «questo simulacro di universo». Il lavoro è plastico, apparentemente molto tecnico, che ognuno crea anche con «la propria coscienza, esperienza, integrità», chiosa.
Epilogo
Il concetto videoinstallativo ha la prerogativa di proiettarci in un futuro sconosciuto: l’opera d’arte assume i contorni della profezia (nel senso ampio del termine). Il messaggio de “I cercatori di luce” è sia sociale, sia ecologico e s’interroga sull’esistenza umana, sul nostro vivere che si confronta con un sistema in cui la sostenibilità ambientale è in grave rischio. L’arte diventa mezzo d’indagine, foriero di un messaggio dell’artistavate, che spinge alla riflessione. Grazie a questa indagine, Giuliana Cunéaz realizza “un grande affresco sul potere rigenerativo della natura, attraverso il lento percorso che conduce dalle tenebre alla luce”. Lo storico e critico d’arte Bruno Corà (che nella videoinstallazione interpreta “il ruolo di se stesso”, come ha raccontato Cunéaz) ha descritto il progetto come «un’esperienza inedita e quindi oscura; per questo stimolante e attraente», alla quale non vediamo l’ora di partecipare.