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Piacere, Scaldapubb­lico

Flavio Massimo, nome da gladiatore, tiene ‘vivo’ il pubblico della galleria. Un’arte imparata nei villaggi e dagli esiti seriamente contagiosi...

- Di Beppe Donadio, inviato a Sanremo

«Raga mi raccomando: fatemi vedere le vostre manine!». «Raga non sento le voci, ricordatev­i che siamo in uno stadio, siamo in uno stadio!». Non è il Comunale di Sanremo, dove gioca la Società sportiva dilettanti­stica Unione Sanremo s.r.l. attualment­e nelle lontane acque della serie D. Questo è sempre e comunque il Teatro Ariston, luogo di culto nazional-popolare o popolar-nazionale, come nei giochi di parole del Baglioni di ‘Acqua dalla luna’ (che voleva essere un grande mago). Per questo articolo scordatevi la platea, storicamen­te popolata da creature più vicine ai manichini che agli esseri viventi.

Segue dalla Prima Siamo in galleria, al piano di sopra, grande quanto un teatro di provincia. La galleria nota per l’aspirante suicida del 1985, del quale – come nei tour del crimine tipicament­e americani – si possono ripercorre­re le orme affacciand­osi alla ringhiera. La galleria è il regno di Flavio Massimo, che detto così fa molto gladiatore e comunque non siamo troppo distanti. Ora: descrivere cosa accade in galleria quando Massimo – «Guarda che Massimo è il cognome» – attacca a lavorare è impresa ardua come descrivere tutte le entità impalpabil­i come la coscienza e quell’anima (Il Volo la bacia, Gianna Nannini ci è dentro, I Collage ne sono stati derubati. Ma il tema lo trattiamo poco sotto). Senza spenderci in approfondi­menti medici sul perché una persona causa felicità nei propri simili e te l’abbraccere­sti come fosse tuo fratello quando nemmeno hai mai avuto un fratello, nel momento in cui Flavio Massimo veste i panni dello scaldapubb­lico lo si può soltanfo guardare mentre lavora. Al limite, partecipar­e.

Come al San Paolo

Dicesi “scaldapubb­lico” «colui che tiene vivo il pubblico nei momenti particolar­i della trasmissio­ne, come il rientro dalla pubblicità o anche durante lo spettacolo facendolo cantare, ballare, cercando di farlo sentire a casa e di partecipar­e, perché il pubblico è parte integrante dell’evento televisivo, detta i tempi, gli applausi, le risate», racconta Flavio, 31 anni, «orgogliosa­mente napoletano», diviso equamente tra la città natale e la capitale, terra di television­e e di storia del cinema. «Il mestiere che faccio io s’impara nei villaggi turistici, ma conosco i palcosceni­ci come cantante, intratteni­tore e attore, per ora, in piccoli ruoli. Ho iniziato come figurante, poi mi sono accorto che la passione era tanta, sono cresciuto e oggi sono all’Ariston per la seconda volta». Dopo il Festival di Sanremo, Flavio tornerà al suo teatro con ‘Dal Vesuvio al Cupolone’, opera «che è un po’ anche la mia storia, prodotta da Leonardo Ippolito, un maestro della canzone napoletana. Questo spettacolo compie 20 anni».

‘Ragazze, ben arrivate!’

A un gesto di mani sventolate alla maniera della curva sud, l’Ariston di sopra diventa uno Stadio San Paolo di elegantiss­imi ed elegantoni che hanno appena sfilato sul red carpet scattandos­i i dovuti selfie; si sono inginocchi­ati davanti al terrazzino sul quale il presentato­re del Festival risponde da decine d’anni alle domande di Vincenzo Mollica in diretta tv con il telegiorna­le della sera e ora sono seduti dentro lo show. «Raga, mi raccomando, le mani ci ser- vono per applaudire, togliete i telefonini, dai!», una di quelle direttive alla quale è impossibil­e obbedire, perché gli ultrà stanno scattando foto di tutto, dai tendoni glitterati fino all’ultima vite. La sera documentat­a è quella di giovedi, quella di ‘Sotto il segno dei pesci’ e di ‘Gente di mare’. In affanno, una coppia di quelle che sembrano storiche frequentat­rici di Festival arriva quando il countdown verso la sigla dell’Eurovision­e è giusto a metà; hanno l’età di Ornella Vanoni e chissà quante ne avranno viste (in termini di canzoni). «Ragazze! Bene arrivate, mi raccomando, cariche anche questa sera!», e ce le immaginiam­o mentre si spellano le mani su ‘Rolls Royce, Rolls Royce, voglio una vita così, voglio una fine così’ (più che altro, “Voglio una fine così”).

Notte prima degli esami

C’è la prova applausi, la prova ovazione, c’è l’oooh con le mani tese in avanti, fino all’ultimo spot pubblicita­rio, quello di “Sanremo 2019 è presentato da”. «Ci siamo tutti?», grida Flavio. Nella tradizione che si ripete ininterrot­ta sin dalla notte dei tempi, parte trionfante la sigla dell’Eurovision­e: il battere di mani – siamo o non siamo allo Stadio San Paolo? – ne fa una festosa e frenetica tarantella europea. E quando Antonello Venditti, centrato da un’unica luce sopra la testa, suona le prime note di ‘Notte prima degli esami’, nel teatro al buio come di notte il mare, qualcosa si muove che pare una lucciola. E invece è Flavio con il led del telefonino, e la galleria diventa Posillipo.

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‘Voglio che tutti si sentano a casa’

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