Clima e denatalità: conversione!
Greta Thunberg, fresca sedicenne, è oramai universalmente nota per il suo sciopero (scolastico) (…)
Segue dalla Prima (…) a causa del clima, tanto da essere stata invitata al vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e al Wef di Davos. Greta, probabilmente, è assai più matura dei suoi 16 anni; è comunque sorprendente, e per certi versi desolante, che l’opinione pubblica mondiale abbia dovuto farsi “spiegare” i rischi dei cambiamenti climatici da un’adolescente. L’impressione è che lo stesso messaggio dato da un politico, da uno scienziato o da un attivista “adulto” non sarebbe risultato altrettanto credibile. È un atteggiamento di sudditanza curioso, ma non del tutto inedito. Qualche tempo fa in un ospedale di Montpellier è stato aperto un centro dedicato ai genitori che ritengono di essere “tiranneggiati” dai loro bambini. Probabilmente questi fatti, così diversi da loro, sono sintomi di una società “adulta” esausta e profondamente sfiduciata. Dopo avere consumato tutte le possibile ideologie, bambini e ragazzi ci sembrano gli ultimi riferimenti su cui orientare il nostro futuro. Parafrasando Marinetti, verrebbe da dire: “Figli, sola igiene del mondo!”. In questo senso leggo con particolare favore, su questo quotidiano, i ripetuti appelli di Andrea Ghiringhelli all’impegno dei giovani in politica. Eppure, in un’epoca nella quale le nuove generazioni godono di così grande considerazione, la natalità è paradossalmente ai suoi minimi storici. Il Ticino registra uno dei tassi di fertilità tra i più bassi del mondo, con appena 1,4 figli per donna, un dato talmente misero da neppure garantire il ricambio naturale della popolazione. L’emergenza demografica, almeno in Occidente, rischia di essere ancora più drammatica dell’emergenza climatica. Il clima, assieme ad altri fattori, ci parla del come si svolge la vita umana sulla Terra, la natalità ci dice se questa vita si svolgerà. Un basso tasso di natalità non ha solo conseguenze devastanti sul finanziamento delle assicurazioni sociali e del sistema sanitario, ma soprattutto sulla sopravvivenza di una civiltà. Una società che smette di fare figli, si rassegna a vedere la dissoluzione dei principi e valori sui quali si fonda. Lo storico inglese Arnold Toynbee ha scritto: “Le civiltà muoiono per suicidio, non per assassinio”. Per questo motivo la politica familiare deve essere al primo posto di qualsiasi agenda politica e la creazione di una famiglia deve essere favorita con qualsiasi strumento. Il Ticino è all’avanguardia nel sostegno alle famiglie (assegni, fiscalità ecc.), ma i numeri ci dimostrano che questo non è sufficiente. Sarebbe però illusorio pensare che tutte le risposte possano provenire dallo Stato o dalla politica. Come per i cambiamenti climatici, occorrerà soprattutto una vasta “conversione” culturale che ci faccia pienamente prendere coscienza che il futuro si avvicina a grandi passi e sta per plasmare irrimediabilmente la nostra civiltà.