Riparte il gioco delle alleanze
Nel 2011 il Pvl racimolò ben sei seggi supplementari grazie a un’oculata tattica. L’esercizio quest’anno potrebbe influire sugli equilibri al Nazionale.
Calcolatrici e tabelle Excel alla mano, oppure affidandosi a complessi programmi informatici, nelle segreterie centrali dei partiti e in quelle delle sezioni cantonali si cerca in queste settimane di capire se e con chi andare a braccetto verso le elezioni federali di ottobre. Spesso sottovalutata in passato, la congiunzione delle liste per le elezioni del Consiglio nazionale ha ormai preso piede nell’ultimo ventennio (dalle 63 ‘alleanze’ del 1999 si è passati a 71 nel 2015, con un picco di 79 nel 2011). Non a caso: chi conosce bene la prassi, come il politologo Daniel Bochsler, afferma che “l’abilità tattica [nel valutare l’opportunità di una tale operazione e la scelta dei partner giusti con cui realizzarla, ndr] può portare perfino di più rispetto a una campagna elettorale o a una società di pubbliche relazioni” pagata profumatamente (‘Nzz am Sonntag’, 13 gennaio 2019). In molti cantoni le riflessioni (o meglio: i calcoli) sono appena state abbozzate. E anche in Ticino, così come in altri cantoni (Zurigo, Lucerna, Basilea Campagna, Appenzello Esterno), si comincerà davvero a ragionare (pardon, a calcolare...) solo dopo le elezioni cantonali della primavera. L’esercizio, ha riferito ieri la ‘Nzz’, è stato portato a termine a BasileaCittà. Nel semicantone sei partiti borghesi (Ppd, Pbd, Verdi liberali, Partito evangelico, Plr e Partito liberale democraticoPld) hanno optato per una maxi-congiunzione che esclude l’Udc. Alla fine potrebbe consentire a uno di loro (il Plr?) di soffiare un seggio al Ps o ai Verdi. Nel canton Friburgo già in novembre il Plr ha detto di non volerne sapere di accompagnarsi con l’Udc. Stessa musica al segretariato nazionale del partito. Come nel 2015, anche quest’anno non si cederà alle avances democentriste: non vi saranno dunque congiunzioni di liste sistematiche con loro. “Dove ha senso le faremo, dove non ha senso no”, ha dichiarato di recente il segretario generale del Plr svizzero Samuel Lanz alla ‘Nzz am Sonntag’. Nel 2015 il Plr congiunse le sue liste con quelle dell’Udc solo in tre cantoni; più numerose le ‘alleanze’ con il Ppd e gli altri piccoli partiti del centro. Nelle scorse settimane, invece, Ppd, Verdi liberali, Pbd e Partito evangelico hanno confermato di aver concluso un accordo: per sostenersi reciprocamente, e nel nome di un centro costruttivo, congiungeranno le loro liste laddove possibile. Non ci sarà però alcun obbligo: le singole sezioni cantonali potranno decidere liberamente se farlo o no. Nei cantoni in cui il Consiglio nazionale è eletto con il sistema proporzionale, i partiti possono decidere di congiungere le loro liste (o di fare delle sotto-congiunzioni: in tal caso si congiungono in seno a uno stesso partito liste di giovani, di donne o regionali). Un gruppo di liste congiunte è trattato alla stregua di un’unica lista nella distribuzione dei seggi. In questo modo aumentano le possibilità dei partiti ‘alleati’ di ottenere un seggio. In seguito, i seggi assegnati al gruppo di liste congiunte sono ripartiti fra le singole liste che compongono il gruppo. Il meccanismo in sé tende a favorire i partiti più forti. Ma sono soprattutto le piccole formazioni a sperare di trarne giovamento: ai loro occhi, le congiunzioni di liste – ammesso che vengano fatte con partner di peso elettorale comparabile e dal profilo affine – rappresentano un’opportunità per rimpinguare il proprio bottino racimolando seggi supplementari. Il politologo Daniel Bochsler le considera una sorta di “correttivo” in un sistema elettorale che “favorisce i grossi partiti e svantaggia i piccoli”. La posta in gioco è alta. Le congiunzioni di liste possono influenzare in modo significativo il risultato delle elezioni. Alle federali del 2015 “un paio di dozzine di seggi hanno cambiato occupante a causa delle congiunzioni”, ha calcolato Bochsler. Lo ha ben capito l’ex presidente dei Verdi liberali Martin Bäumle: nel 2011 il Pvl ottenne sei seggi supplementari grazie ad ‘alleanze’ spregiudicate, un po’ con tutti, che gli sono valse il nomignolo di ‘partito della poligamia’ (‘Nzz’). A titolo di paragone: il più ‘timido’ Pbd, con l’identica percentuale di voto del Pvl (5,4%), conquistò nove seggi, tre in meno dei ‘cugini’ verdi-liberali.