È tempo di voltare pagina
Dopo sette partite senza vittoria il Lugano deve far risultato a Sion. Anche per scacciare l’opaca prova con il Thun.
Il Tourbillon di Sion è lo stadio adatto per cercare di mettersi alle spalle il brutto esordio stagionale maturato nella sconfitta casalinga contro il Thun? Forse sì, perché il Lugano in Vallese è imbattuto da tre partite (due vittorie e un pari) e anche perché gli uomini di Yakin dovranno scrostarsi di dosso l’ansia dell’esordio stagionale... «In effetti potrebbe trattarsi di un vantaggio – ammette Fabio Celestini –, perché noi abbiamo già riassaporato il gusto del campionato, dei tre punti in palio della partita vera, mentre loro non sono ancora entrati nel vivo. Teorie che dovremo dimostrare domani sul campo». E per farlo occorre un Lugano diverso da quello visto all’opera con il Thun. Il faccia a faccia tra tecnico e giocatori dovrebbe aver permesso di capire cosa sia successo nella sciagurata serata di Cornaredo... «Non è così semplice, altrimenti avremmo posto rimedio ai nostri problemi senza aspettare la sfida con il Thun. La sensazione lasciata dalla nostra prestazione è stata davvero scialba, anche se rivedendo la partita al video mi sono accorto che la squadra non ha fatto così male come è parso. Abbiamo però dato la sensazione di essere passati “à côté” della sfida, trasmettendo un’idea di fragilità e di mancanza di gioco di squadra. Adesso le partite senza vittoria sono diventate sette ed è giunta l’ora di svoltare. A cominciare da un atteggiamento mentale più aggressivo». È l’atteggiamento, insomma, che deve cambiare per primo... «Nello spogliatoio ci eravamo detti che qualsiasi cosa fosse successa l’avremmo affrontata tutti assieme. E questo non l’ho visto, anzi la squadra è apparsa sfilacciata tanto in fase offensiva quanto in fase difensiva. Ognuno si è stretto su sé stesso per curare la propria prestazione, scordando il collettivo. E se questi sono i presupposti, ci si può affidare soltanto a qualche azione individuale, a scapito però di tanta solidità». Un pizzico di preoccupazione può dunque essere legittimo... «Sono preoccupato dal fatto che questa squadra ancora non creda in sé stessa. Sto cercando di capire perché troppo spesso questa squadra mostri il suo volto più fragile al minimo episodio negativo. Certe situazioni ci condizionano in maniera troppo evidente, quando invece possiamo contare su giocatori di esperienza, certezze consolidate e una base solida». A una squadra insicura, il Sion può indurre timore... «Non ho paura degli avversari, nemmeno se fossimo andati a giocare a Berna. Al massimo posso avere paura della mia squadra, perché se non scendiamo in campo con piena fiducia verso i compagni, senza essere sicuri e convinti di ciò che stiamo facendo e ci sgretoliamo al primo episodio negativo, allora sarebbe difficile far risultato contro chiunque, anche contro avversari di categoria inferiore. Ma io nei miei ragazzi nutro fiducia cieca. Dobbiamo ripartire da ciò che sappiamo fare, da ciò in cui crediamo e su cui stiamo lavorando, ma il nostro sforzo deve essere costante e durare 95’. La nostra è un’idea di calcio che funziona in undici, non in sette». Per dare una scossa al gruppo è ipotizzabile qualche cambiamento di organico o di modulo in vista della sfida del Tourbillon... «Quando si è reduci da una prestazione come quella offerta mercoledì, tutto è giusto e tutto è sbagliato. Rinforziamo il centrocampo?
Ci può stare. Passiamo a quattro dietro? Ci può stare. Lasciamo tutto così, ma cambiamo i giocatori? C’erano fuori Sabbatini e Daprelà, quindi pure questa è un’opzione. Ridiamo fiducia a chi ha giocato affinché dimostri che si è trattato soltanto di una giornata storta? Ci sta pure questo. Quando in mano rimangono solo le briciole, si può rimettere in discussione il lavoro di due mesi, perché la sensazione lasciata è di fragilità. Adesso la difficoltà sta nel trovare il giusto equilibrio nei possibili cambiamenti e prendere la giusta decisione».